A volte ci sentiamo morti pur essendo vivi. Ci sentiamo come se la vita scorresse lenta o veloce ma distante da noi. Come se fosse altro da noi. E noi fossimo perennemente altrove.
Poi, un bel giorno, ci accorgiamo che qualcosa non va più bene, che quel maledetto buio ha ingoiato tutto, che a furia di guardare il baratro lui ha iniziato a guardare noi. Che la solitudine del cuore non è più sopportabile, che il silenzio fa rumore e che le scelte degli altri fatte nostre o le nostre fatte per far piacere agli altri non possono più essere sostenute.
Così ti accorgi che vivere è facile e faticoso, emozionante e noioso. A volte ammaliante e altre affaticante. Nonostante le onde anomale capisci che il timone della tua vita devi governarlo tu e soltanto tu, e non puoi delegare a nessuno la tua felicità. Quando questo non accade ti senti morire dentro, pian piano, ogni giorno di più: quella luce diventa sempre più fioca sino a spegnersi del tutto. Lo shopping non funziona più. Il cibo non consola ma squaderna. La melatonina non abbraccia più nessuna notte. Le fughe verso mete lontane non possono surrogare il tuo non vivere. Così resti, rifletti, respiri, ti allontani dai morti che camminano, e poi forse cambi. Per fare tutto ciò ci vuole impegno, coraggio e anche un’immensa fatica.
Chi muore lentamente lo riconosci subito: ha gli occhi tristi, il sorriso finto, sprovvisto di luce e di entusiasmo, e vive la vita di qualcun altro smarrendo la propria.
Chi muore pian piano, sotto i duri colpi del quotidiano, solitamente lentamente, inoculandosi o facendosi inoculare piccole dosi di veleno, è colui che evita una passione – perché le passioni sono dei salva-vita -, colui che ha paura di volare e scappa dalla pienezza e dall’altitudine.
Muore lentamente chi non rischia la certezza per l’incertezza, la penombra per la luce, il passato per il futuro. Chi sposa l’infelicità e ha paura della felicità. Chi rinuncia ad inseguire un sogno. Chi decide di dare ascolto al Super Io e scappa a gambe levate dalla passioni e dalle pulsioni.
Chi non ha più gli occhi che brillano, la pelle luminosa, la felicità addosso e dentro. Chi non sa più cosa sia l’irrazionalità e l’altruismo.
Vivere veramente mentre si è ancora vivi è possibile perché tutti, come scriveva Albert Camus, abbiamo dentro un’invincibile estate.

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