Milano. Un bambino di appena anni 8 ringrazia i carabinieri per l’arresto del padre, carnefice dei maltrattamenti di sua madre.
Sulla sua lettera scritta con la scrittura tondeggiante di chi sta cercando di capire come si diventa grandi e chi prendere a modello, disegna tanti cuori.
Stretti e lunghi, asimmetrici e colorati, come immagino sia il suo.
Trafitto e sbilenco di chi è obbligato a scegliere.
Il genitore, un maltrattatore cronico, è un pregiudicato di origine marocchina.
Il cuore di un bambino non dovrebbe mai essere sbilenco, prendere da una parte o dall’altra.
Non deve scegliere quale genitore amare, quale odiare, e quale proteggere.
Non deve scegliere. Mai.
Non deve proteggersi. Non deve trovare da solo il suo baricentro.
Il cuore di un bambino è un cuore acerbo, che cambia forma e colore, ed è compito di noi adulti, evitare di farlo armare anzi tempo.
Va aiutato a crescere, a vibrare sempre, nonostante tutto, a segnalargli la via da seguire come se fosse una spia lampeggiante e funzionante, un radar inconscio che dialogherà con la sua ragione.
Un cuore in grado di emozionarsi, di lacrimare, quando serve.
Il cuore di un bambino non deve diventare il cuore di un adulto nel corpo di un bambino, perché in così poco spazio corre il rischio di smettere di vibrare, e sarebbe l’inizio della fine delle sue emozioni.
Del suo sentire, del suo dare e ricevere.
Un padre non può maltrattare una madre, e una madre non può farsi maltrattare passivamente dal compagno della sua vita.
Il silenzio diventa una tomba pericolosissima, portatore sano di tragedie imminenti.
Fonte: il Corriere