Le vostre storie, le mie parole. Spezzone di una consulenza: una donna spaventata che ama ancora dopo un inciampo del cuore.
Ti sei fatto presenza regalandomi dolcezza e fatti. Nel farti presenza ho dovuto accettare la possibilità di sentirti assenza. Ho dovuto fare i conti con la paura, con la fragilità del cuore, con i patemi del corpo.
Con il pieno di te e con il vuoto senza di te. Mi sono consegnata a te senza riserve ma con mille paure. Senza la possibilità di valutare i rischi, le scappatoie, la strada della fuga.
Parlo con te anche quando non parlo con te. Scrivo a me per scrivere a te.
Ti vedo anche dove non ci sei.
Lavoro pensandoti, a bassa voce. E quando non mi senti aumento il volume in modo che i pensieri possano arrivare a te, dolce amore mio.
Alcune volte ho creduto di essere innamorata ma in realtà non lo ero, vivevo dentro un’allucinazione chiamata bisogno e follia che pensavo essere amore. Vedevo quello che non c’era. Sentivo musica dove c’era rumore. Tentavo di arrestare l’inarrestabile, testarda e cieca, per paura del baratro e della solitudine. Per capire dopo, soltanto dopo, che gli amori malsani instillano falsi bisogno per nutrire l’insicurezza e il bisogno, e dominare le viscere e i pensieri. Poi ho capito che la fine di un non amore spalanca la porta della sofferenza e squarcia ogni nube. Con te e per te sono tornata a essere quella che sono, che avevo smarrito per strada, che pensavo di non essere più o forse mai stata. Ho aperto gli occhi e il cuore.
Ho inalato la vita. Ho riso e amato, tanto.
Risolutamente solitaria ti ho socchiuso il cuore e tu sei entrato in punta di piedi, senza fare rumore, con lentezza, eleganza e pazienza.
Grazie a te ho imparato a separare i ricordi dal dolore; con fare chirurgico ho messo ordine e ho capito.
I tuoi abbracci veri e quelli senza braccia sono una benedizione.
Amo la tua mente così elegante e silenziosa, così intensa e acuta, mai sopra le righe, affascinante e limpida.
Pian piano ho inizio a somigliare alle tue parole per me. Ho preso le distanze dal male subito, e mi sono incontrata con me stessa. La vera me. Così ho vissuto anche io degli istanti di felicità, inattesi, inediti, dal sapore prima estraneo e poi irrinunciabile.
A te che mi hai insegnato a non piangere sul latte versato. A non dare credito alle teorie complottiste. A vedere la luce in fondo al tunnel, e “l’alba in un tramonto”.
Ti dico grazie.