Sette minuti o diciassette o ventisette rappresentano dei numeri. Quando parliamo di tempo, del nostro tempo, i minuti si misurano in emozioni e in sensazioni provate. Si intingono nella luce o nel buio, a seconda di come o con chi li trascorriamo. In un’anestesia del vivere quando sopravviviamo, in vette inesplorate quando siamo vivi e ci comportiamo da vivi.
Se, con un esercizio di fantasia, associassimo gli istanti della nostra vita a un’esperienza piacevole o sgradevole, ci renderemmo conto di come possano diventare un tempo infinito e immobile, o un lampo fulmineo e passeggero.
La percezione del tempo, durante la vita, cambia in funzione delle emozioni e paure provate, degli stati d’animo, delle aspettative di felicità o delle disillusioni postume, della piacevole compagnia e sgradevole solitudine o della piacevole solitudine e sgradevole compagnia.
I minuti, in realtà, sono la somma di tanti istanti che si fanno abbraccio o manetta, che si candidano all’eternità o all’oblio.
Sette minuti possono diventare il nostro tutto o una minaccia incombente sulle nostre teste, come sosteneva Einstein con la sua teoria della relatività.
Tra Einstein e il Bianconiglio di Carrol, preferisco senza ombra di dubbio il Bianconiglio con le sue buffe orecchie e la sua saggezza.
Per lui, per sempre era anche un semplice e intenso secondo, e nessuna intensità veniva diluita dal cammino delle lancette.
( Alice: “Per quanto tempo è per sempre?” Bianconiglio: “A volte, solo un secondo”).

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