Sesso e volentieri. Senza alcun problema, alcuna coscienza e conoscenza. Trasgressione, che non sempre fa rima con passione. Sesso con sconosciuti. Parola d’ordine: promiscuità.
Ma l’amore no. Quello no!
E vi spiego il perché: fa paura. L’amore, quello amplificato dalla cerniera dell’intreccio alchemico tra corpo e cuore, atterrisce. Spaventa. Sgomenta. Fa scappare in preda all’urgenza. Nell’immaginario collettivo amare a metà, solo con i genitali, è una sorta di scorciatoia facile e meno impervia rispetto alla possibilità di metterci i sensi e il cuore.
L’amore no! All’amore si predilige una sessualità frettolosa, mordi e fuggi, senza quella cornice temporale che regala gradualità e intensità, che nutre il desiderio, del tutto priva di un possibile corteggiamento e di qualche nota di attesa, preferibilmente incastonata in un arido vocabolario emotivo.
E poi un bel giorno accade l’irreparabile e l’impensabile: i genitali – parlare di corpo nella sua interezza a volte è sin troppo audace – smettono di funzionare. Così, di punto in bianco. Ed ecco che scatta la ricerca del colpevole: lo stress, l’ansia, il coniuge, il porno, la crisi di coppia, lo sconosciuto, l’amante.
Segue l’affanno, la paura. La ricerca compulsiva di terapie fai da te chiaramente miopi e riduttive, quelle che curano per l’appunto i genitali. La pillola, il testosterone, la escort, le prove ed errori.
Delle emozioni, dei bisogni del cuore sembra non occuparsi più nessuno.
La sessualità, ben diversa dal sesso, si muove su un reticolo segreto fatto di centimetri di pelle e di anima, di sensi inebriati o tarpati, di fantasie comunicate o taciute, e di tantissimo altro. La sessualità è sesso e amore. È sensi e fantasia. È adesso e dopo.
È trasgressione e appartenenza.
Vale la pena viverla davvero.
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4 Commenti. Nuovo commento
Salve dottoressa,
Vorrei sporre un po’ il mio caso e vorrei risolvere le mie interazioni sociali.
Sono separata con una bambina di otto anni.
Ho vissuto un’infanzia difficile con un padre alcolizzato e una madre anaffettiva. Ho cercato di fare la perfettina per non sbagliare ai loro occhi.
Ora a 43 anni mi trovo da sola, proprio emotivamente sola.
Ho fatto sei anni psicoterapia per risolvere altri problemi ma ora in questo momento mi rendo conto di come non riesca ad avere dei rapporti sani con le persone.
Inoltre ho sempre un gran desiderio di stare con un uomo ma ho paura di incontri occasionali e finisco sempre con darmi soddisfazione da sola.
Inoltre non ho mai avuto un orgasmo con un uomo e anche questo mi frena nello stare con qualcuno per la mia incapacità di provare piacere quando sono con un uomo e di lasciarmi andare.
Da dove dovrei iniziare? A volte ho la testa cosi confusa e credo e provo a stare bene con me stessa e basta. Grazie
Gentile Lettrice,
non mi è chiaro che tipo di percorso abbia fatto e perché non abbia funzionato.
Le ho allegato degli scritti (troverà delle parole in rosso che la porteranno a dei link), così potrà leggere qualcosa che le sarà utile, ma le serve senza dubbio una terapia sessuologica.
Un cordiale saluto
Buongiorno Dottoressa.
Ho 47 anni e sono divorziata da 10 anni, ho una relazione con un uomo molto più grande di me che definirei un “diversamente sposato” essendo legato al mondo religioso.
Grazie al terremoto che ha portato nella mia vita ho scardinato tutto il castello su cui l’avevo costruita. Mi sono sentita amata, desiderata, femminile come non mai. Il nostro rapporto che va avanti da 10 anni pur essendoci state delle pause lunghe, non è un rapporto quotidiano, e a volte questo genera in me sofferenza. D’altro canto vivo anche quella libertà a cui farei fatica a rinunciare se fossi in una relazione “normale”, quotidiana. Cioè la quotidianità che a volte desidero, mi fa anche paura certe volte, facendomi sentire incastrata. Il nostro è un rapporto molto acceso, nonostante la differenza di età, ci sono momenti forti di passione e tenerezza, al di là delle prestazioni e della soddisfazione meramente fisica. Abbiamo sempre fatto l’amore prima con la testa. La sensualità abbonda mescolata a un grado elevato di spiritualità, ovviamente. Tuttavia spesso sono in crisi perché mi sento usata, quando percepisco la libertà come solitudine, quando mi aspetto da lui una presenza che per vari motivi di cui poi divento anche sospettosa, non c’è.
E allora decido di chiudere, e lo faccio. Allora gioco un po’ io a fare quella che si gode la situazione senza troppi pensieri e quando ci rivediamo non esistiamo che noi due nel mondo. Può avere questa relazione i tratti di una dipendenza affettiva? È solo una mia percezione quella di sentirmi usata o come faccio a capire se lo sono davvero?
Grazie mille. A.
Buonasera A,
non posso rispondere a nessuna delle sue domande perché non la conosco, non conosco la sua psiche, la vostra storia, lui, il suo diverso matrimonio (ma mi creda i matrimoni sono matrimoni e basta).
Le ho allegato delle letture che troverà nel suo racconto, le legga, ma non sono da sostituirsi a una consulenza de visu di cui lei avrebbe bisogno per fare chiarezza e non confondere più la libertà con la solitudine.
Un caro saluto