Una madre decide, seguendo non si sa bene quale logica o quale fragilità, di rapire la figlia.
La rinchiude in casa, non per un giorno, per un mese o per un anno, ma per ben diciotto.
La ragazza non si ribella. Mai.
Sta zitta e buona, rapita dalla vita.
Si chiama Anna Paola, e siamo a Mola di Bari.
Questo episodio mi ha profondamente turbata.
Ho cercato di identificarmi nella madre, cercando di comprendere quali fossero le sue ansie, le sue paure, il suo bisogno di protezione estrema.
E poi nella figlia.
Una figlia talmente fragile da non ribellarsi alla madre, alla sofferenza, alla reclusione.
Una figlia che non scappa di casa, che non grida per essere aiutata, che non scavalca un balcone e che non forza una serratura.
È proprio vero che le catene più resistenti e le serrature inviolabili sono quelle dell’anima.
Questa ragazzina non è riuscita a scappare alla dittatura dell’affetto e del ricatto.
Speriamo che a liberazione fisica effettuata, ne possa seguire una dell’anima.
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