Durante la mia vecchia vita pre reclusione da coronavirus facevo tutto di fretta, e mentre facevo una cosa ero obbligata, non si sa bene da chi o da cosa (immagino da me stessa), a farne un’altra.
Il parrucchiere mi asciugava i capelli e io scrivevo, parlavo al cellulare con le cuffiette alle orecchie e il filo che si attorcigliava alla spazzola gli impediva di lavorare al meglio, rispondevo alle email e nel frattempo aggiornavo le note del cellulare o l’agenda.
Adesso, nel ritorno al futuro, nella terra del dopo, dopo quarantena e dopo fase uno, assaporo tutto.
Il parrucchiere è tornato nella mia, e non solo nella mia, vita. E non pensavo che mi sarebbe mancato così tanto.
Cosi, senza fretta e senza incetta di tutto e di niente, la piega dal parrucchiere si trasforma in un rituale di cura. Del corpo e del cuore.
Mi bardano come se fossi un untore invitandomi a seguire un percorso obbligato e a non vagare per il salone. Mi posizionano, gentilmente, a distanza di sicurezza da ogni altro essere umano brandendo disinfettanti e guanti; e solo dopo cominciano ad occuparsi di me.
A me va bene tutto, pur di tornare alla normalità e alla decenza.
Mi accorgo di avere tutti i sensi spalancati, come se fossero dopati: vedo, sento, odoro tutto; felice di farlo.
Sento le sue mani sui miei capelli, la schiuma profumata e calda che li avvolge ciocca per ciocca, nonostante fossero ormai molto provati dalle cure casalinghe. Sento il getto del phone mentre stabiliamo come asciugarli in funzione del mio umore e del suo estro.
E assaporo ogni gesto lento e rodato. La spazzola arrotola una ciocca anarchica di capelli, la tiene a sé per rilasciarla subito dopo con una nuova identità e forma.
Poi cedo alle lusinghe dell’estetista. Le mie mani ricordano quelle meravigliosamente rudi di un contadino, avendo fatto giardinaggio e bricolage come se non ci fosse un domani. Seguo con sguardo ipnotizzato il pennello che stende lo smalto come se fosse una strada verso l’altrove, e anche in questo caso, assaporo ogni istante e sniffo a pieni polmoni l’odore dello smalto e del solvente come se fosse Chanel numero 5.
Ben tornato parrucchiere, quanto mi sei mancato! Prometto che non mi lamenterò più e terrò il filo degli auricolari in borsa, ben distanti dalla tua spazzola.
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