Quando l’amore diventa ossessione indossa i panni del pensiero fisso, del chiodo fisso, della spina nel fianco. Costante e dolente.
Occupa pensieri e sensi, emozioni e lacrime, spazio e tempo.
La giornata per intero.
Travalica ogni barriera e approda nell’inconscio. Lo abita, lo colonizza.
Invade l’onirico, lo travolge e lo stravolge. Cattura le certezze e le fa diventare incertezze, e le incertezze diventano poi future certezze.
Una delle quali, la più improntate e la più certezza, è quella di riconoscere un’ossessione quando la si incontra nuovamente nella terra del dopo.
Quando si vive in ostaggio di una passione totalizzante, l’amore diventa un oltraggio alla vita. Si respira a fatica. Si annaspa, si diventa degli strateghi del cuore.
Si sopravvive invece di vivere.
La virulenza di un amore ossessivo straripa gli argini del buon senso, dell’equilibrio, della giusta distanza dal mondo dell’altro. Ha il sapore intenso e pungente di una spezia e l’odore della terra bagnata. Odora di intensità e vita.
Ma anche di strazio e morte.
È un amore che colleziona dolori e fatiche. Lacrime e incubi. Strappi e inutili riparazioni.
Nella terra dell’eccesso, il desiderio nutre e si nutre, affama e sbrana.
Nel rapporto tra ossessione e amore, inoltre, si instaura un rapporto di grande esclusività: infernale e letale.
Chi viene rapito da un amore avaro di equilibrio, crede che l’amore sano non può mai avere la stessa forza intensa e penetrante di un amore eccessivo e ossessivo.
E che amore e sofferenza debbano per forza di cose scorrere nelle stesse vene del legittimo proprietario.
L’amore sano è un amore avvolgente e generoso, che non stritola e non manipola. È un’arma che disarma, un lento rilascio di energia e benessere, che rallegra e ripara.
Perché quando è amore non fa male.
Ne parlo nel mio ultimo libro: “Ex/Forse ex. Gli amori affamati”.