Ogni tanto bisogna credere, e vivere a pieni polmoni, oltre la paura. Ma in tanti rimangono attoniti e galleggianti, mentre il mondo va avanti, anche senza di loro: i paurosi.
Poveri loro che seguono le rotte senza deragliare. Mossi dall’illusoria sensazione di poter seguire le traiettorie altrui, perché comode: di chi cammina a fianco, dei predecessori, dei successori. Del si deve. Del si dice. Del più comodo o meno pauroso.
Illusi dalla falsa certezza di avere tutto sotto controllo: sé stessi e gli altri, e sé stessi negli altri.
Poveri loro che hanno paura del vuoto: lo riempiono con il pieno per non sentirlo.
Hanno paura del silenzio: lo riempiono di parole per non sentirlo e il loro cuore nel silenzio, senza menzogne o distrazioni.
Poveri loro che hanno spesso paura del nuovo, dell’incognita e dell’amore; si rimpinzano di incontri, non incontri, non amori, compromessi, supplenze affettive. Di tutto e di niente, e di niente che diventa tutto.
Poveri loro che non sanno cosa sia l’attesa, il corteggiamento, le pause: coloro che ingoiano, fagocitano, corrono, galleggiano. Che temono le emozioni a fuoco lento e tutto bruciano.
Poveri loro che hanno voglia di navigare e invece rimangono in una pozzanghera o in una gabbia vuota.
Poveri loro che hanno paura di stare in compagnia della mancanza, di una mancanza, e la riempiono in modi stravaganti e inutili.
Non hanno idea di quante emozioni ci siano dentro una deriva, un cambiamento, una rotta alternativa. Un vuoto e un silenzio. Dentro lo spazio. In un libro o in un gusto. Dentro un ricordo o una fantasia. Dentro sé stessi.
La deriva, così come gli inizi o i nuovi inizi, consente di esplorare mete sconosciute, scogli a pelo d’acqua, tanto affascinanti quanto pericolosi, regali e tesori consegnati in dono dalle acque tornare calme.
Esattamente come accade dopo un litigio amoroso, dopo uno strappo, dopo una riparazione: le parole dette si depositano come detriti e fanno emergere le emozioni.
Quelle che nascono proprio per quel litigio, grazie a quel litigio, grazie a quella deriva, e a quel nuovo approdo del cuore.
La rotta senza imprevisti, come la coppia immune ai picchi emotivi, annoia; talvolta delude. Impedisce di accedere a quella barca chiamata desiderio e aiuta a collezionare malinconie plurime.
Chi galleggia rimane sull’uscio della porta del cuore: immobile e infelice.

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3 Commenti. Nuovo commento

  • Io galleggio, ma in altro senso. Sposato da 19 anni pressoché privo attività sessuale. I primi 5 anni di matrimonio perché mia moglie “non se la sentiva”, poi si è provato con del sesso (pochissimo) non appagante per entrambi e poi ho deciso di non volerne proprio più fare perché non mi sentivo accolto e mia moglie, come negli altri ambiti della vita, anche in quei frangenti continuava a dare esclusivamente la “colpa” a me. Io sono disposto a discutere di tutto ma non sono dell’idea che, soprattutto nei rapporti di coppia, le ragioni siano sempre e solo da una parte.
    Ora “galleggio” in questo senso di insoddisfazione da quasi vent’anni e mi sembra di avere buttato via la mia vita.
    Ho provato più volte a dire che mi volevo separare. Anche in questo, nonostante le evidenze, non sono stato ascoltato.
    Sicuramente sembrerò un buono a nulla (e molto probabilmente lo sono!), ma in realtà sono una persona a cui piace vivere tranquillo prendendo la vita per come viene.
    Sicuramente esiste violenza fisica prettamente maschile e è il 99,99 dei casi, però in piccolissima parte esiste anche violenza psicologica femminile che uccide nel tempo a goccia a goccia persone come me.

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  • Buonasera,
    questa storia mi ricorda molto il mio matrimonio e il rapporto che avevo con la mia ex moglie. Il mio era un matrimonio perfetto, da un certo punto di vista, ma privo di rapporti sessuali e poca armonia. Regnava il silenzio. Dopo due anni senza rapporti , nolente, mi ritrovo a tradire con una donna bellissima; mi sentivo in colpa per i sorrisi che dipingevano la mia giornata. Così, ho pensato che non potevo passare la mia vita a tradire, per me non aveva senso e lasciai entrambe, amavo ancora la mia ex moglie, come oggi. Vi siamo separati e ho sperato fino all’ultimo, che di fronte al giudice mi frenasse la mano e la rapisse, per impedirmi di firmare.
    Dopo un anno e mezzo mi sono affacciato dall’altra parte del balcone e ho respirato una vita sbagliata con un’altra donna che non era degna di nobiltà e della mia nobiltà. Spero questa sia stata una punizione Divina per me.
    Oggi galleggio, incapace di nuotare perché stanchissimo e mi trovo in una situazione ineffabilmente pesante. Non provo niente, sono vuoto. Spesso, la notte, il mio pensiero va ad accucciarsi nel palazzo dove dimorava il sorriso della mia ex moglie.
    Per intenderci: è come se uno tsunami emotivo avesse raso al suolo tutte le mie emozioni, e quindi, è come se questo tsunami avesse raso al suolo una città enorme e l’unico palazzo rimasto in piedi è la casa emotiva della ex moglie. Non trovando luogo dove dormire, durante il giorno e la sera mi accontento di dormire anche sulle scale; mi sento riparato.
    So che devo iniziare a nuotare.
    Galleggiare è sicuramente meno faticoso, ma la sedentarietà sfocia nella dipendenza alla sedentarietà e ingrassa le emozioni.
    Siamo incatenati dalla paura di perdere un ricordo sicuramente migliore e dalla paura di trovare una ulteriore “esperienza” peggiore.
    Ho pure perso le mie nobiltà

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