Appena nata ed è già orfana. Un cordone ombelicale la tiene in vita durante i suoi primi istanti di vita prima dell’abbandono definitivo.
Una bambina nasce in Turchia, in concomitanza di un terremoto che squaderna la terra, sopravvive alla sua intera famiglia, al terremoto e alla madre. Una nascita drammatica che la unisce alla morte della sua mamma: colei che l’ha tenuta in grembo per nove mesi. Colei che l’ha pensata ogni istante della sua vita, voluta, desiderata fortemente, sbirciata durante le ecografie, sentita scalciare nel suo ventre, accarezzata con la fantasia.
In uno stesso istante la vita e la morte si intrecciano e un legame più profondo che ci sia viene strappato prima di trasformarsi in cura.
È successo ieri in Turchia. Una donna intrappolata sotto le macerie in piena scossa di terremoto ha partorito sua figlia e poi è morta. Un uomo l’ha presa, l’ha avvolta e l’ha portata in salvo. Si sente il suo primo vagito. È avvenuto il miracolo: la bambina è viva!
Questa piccola, dopo il traumatico e simbolico passaggio dall’acqua all’aria, non ha trovato la madre ad aspettarla, ha trovato invece la morte, le scosse di terremoto e il nulla.
La psicoanalista ci ricorda che un neonato, quando nasce, ha bisogno di un oggetto contenente: il seno e le braccia della madre, una sorta di placenta extra-corporea per poter venire al mondo senza traumi.
Questa piccola guerriera sopravvissuta avrà un angelo custode tutto suo, che sono certa che non la lascerà mai da sola: la sua mamma.
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