Ieri ci siamo incontrate. Abbiamo posizionato le nostre sedie estive l’una di fronte all’altra. Lei fronte mare e infinito, io fronte Etna, il mio vulcano.
Lo sguardo di entrambe era rivolto verso le mie meraviglie raglianti e i cuori si sono sintonizzati per un travaso straziante di emozioni, tutte assolutamente e indiscutibilmente contrastanti.
Mi ha raccontato. Si è raccontata. Mi ha mostrato. Mi ha trasportata dal mio luogo del cuore al baratro dove la mia amica ha vissuto per anni. Ho sentito il suo dolore. La sua condizione emozionale e mentale. Ho visto le maglie della manipolazione nelle quali era imbrigliata, erano mostruose, visibili, ben intrecciate, ma lei era cieca e sorda.
Sono stata male, bene, malissimo, benissimo. Ho provato rabbia, dolore, agitazione, frustrazione, sollievo.
La mia amica, una donna luminosa e perbene da tante e tante generazioni, dal cuore adesso libero e pulsante ha vissuto nell’inferno di un amore tossico, nel labirinto emotivo del non amore, della cecità e del solito isolamento che questi amori portano in dote.
Quegli amori, che amori non sono, che ti tolgono la vista, l’udito, il senno, sino a strapparti il cuore dal petto, la reputazione, l’identità e l’integrità psichica per poi portati via dalle persone che ami e che ti amano.
La mia amica ha amato un uomo sbagliato, come spesso accade a noi donne.
L’epilogo non è stata una semplice separazione ma uno strazio. Una giostra nevrotica fatta di botte, denunce, lividi esterni e interni, i più dolorosi.
Il dopo, come sappiamo, è un percorso irto di difficoltà, concrete e simboliche. Di sante inquisizioni, di beni depredati, di amici dileguati, di carabinieri e di tante cose da dover fare senza averne un ritorno concreto.
La mente e il cuore, il suo peggior nemico, vanno indietro nel tempo per rileggere, sentire ancora, capire, giustificarsi, giustificare l’ingiustificabile.
Lo strazio si sussegue alla disperazione e alla riparazione. I passi avanti si alternano a quelli indietro, quando la mente sembra finalmente lucida il cuore duole e quando il cuore sembra parzialmente guarito, o forse sarebbe meglio dire anestetizzato, la mente effettua un tanto doloroso quanto inutile ripasso dei fatti.
Ti trafigge, lo fa in maniera inconsciamente intenzionale. Non si ferma. Sembra rallentare o tacitarsi, ma poi ricomincia.
E poi c’è la notte: il luogo delle tenebre, dell’inconscio, dove tutto torna a galla senza pietà e senza chiedere il permesso al legittimo prioritario.
Alla fine del nostro tardo pomeriggio al tramonto immerse nel rosmarino e nei nostri pensieri, tra confessioni, racconti e consigli preziosi – i suoi – sul mio frutteto-fattoria mi ha detto: “Cara Valeria,
appena sarò guarita del tutto diventerò una guerriera e inviterò le donne che si trovano nella mia stessa condizione a non denunciare perché la giustizia non è pronta a proteggerci.
Meglio salvarsi la vita, gli affetti e i beni, e ricominciare altrove. Ci trattano da inquisite, nonostante le evidenze cliniche e giuridiche. È tutto ingiusto e molto, troppo, lento ed estremamente doloroso”.

Ieri, la mia amica e io ci siamo regalate il lusso emotivo di un incontro. Uno di quelli veri. Lo rifaremo presto, ne sono certa, e il cuore farà sempre meno male.

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