Passeggiavo in campagna quando sono stata rapita da un’immagine-quadro: un uomo che innaffia. Era un uomo di mezz’età, robusto e sereno. Aveva i capelli leggermente scarmigliati e brizzolati, evocavano libertà. Una tuta logora e delle scarpe da lavoro impregnate di terra. Delle mani grandi, poco raffinate e rassicuranti. Era immerso nella sua attività di cura.
Aveva un giardino fiorito e curato, tantissimi vasi e piante sparse qua e là. Guardava il suo capolavoro con orgoglio e uno sguardo che conteneva dedizione e cura. Passeggiava, osservava, respirava, levava rametti e foglie secche. Sembrava felice.
Toccava la terra con la mano senza paura di sporcarsi per assicurarsi che fosse bagnata al punto giusto. Questo gesto ipnotico lo ha fatto con i vasi e con le aiuole, sembrava carpire la necessità di ogni pianta.
Guardandolo mi è venuto in mente il bagnetto di mia figlia quando era in fasce. Mia nonna mi aveva insegnato che per essere certa che la temperatura dell’acqua fosse perfetta dovevo immergere il gomito, e io lo facevo ogni volta.
A un centro punto mi è venuto incontro e mi ha detto: “anche lei ama le piante?”
E io: “si, ma le mie non sono belle come le sue!”
Lui ha risposto: “Non è difficile, ci vuole pazienza. Le deve ascoltare, loro parlano in silenzio”.
Ho ringraziato e sono andata via.
In effetti, non è molto dissimile da quello che si fa in una relazione d’amore e di cura.
Questa scena dell’uomo che innaffia mi ha lasciato la pace negli occhi.
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2 Commenti. Nuovo commento
Buongiorno dott ssa, grazie per la condivisione di questo racconto, penso che il concetto è comune ad ogni cosa che si svolge nella vita, se si fanno le cose con amore il punto è lo stesso in ogni ambito: ci si prende cura e dove c’ è amore si vedono i risultati, anche se occorre tempo. Ma il tempo dedicato alla cura ripaga noi stessi e chi lo riceve, che sia una pianta, un lavoro, un anziano malato, un bambino ecc..
Grazie a Lei, Nicoletta, per avere scritto.
Un caro saluto