In una domenica falsamente di dicembre, totalmente siciliana, dove la temperatura si aggira intorno ai 23 gradi e l’Etna mi guarda come se fosse una grande madre, arrivo al maneggio.
Il maneggio è uno stato d’animo.
Si respira serenità mista a una sensazione di intimità con la natura, il tutto condito da un profondo rispetto per gli abitanti delle stalle. I cavalli.
Vento è il mio preferito: il mio incontro domenicale con me stessa.
Amo arrivare presto al mattino, acquistare per loro mele e carote e rimanere nelle stalle a scrivere, rapita e incantata, mentre loro mangiano di gusto.
Nonostante le loro dimensioni e la loro fierezza sono dotati di un garbo e di una gentilezza innati, che sono un tutt’uno con il loro cuore. E con il mio.
Mordicchiano le carote con il labbro superiore che si trasforma un un labbro prensile; mangiano senza mai toccare con i denti le mie mani e ti guardano grati.
Mi guardano dritto negli occhi, ma in realtà è uno sguardo che arriva in fondo all’anima. Sono fieri e lieti di avere un appuntamento con te.
Proprio con te, non con chiunque altro.
Fanno di tutto per dimostrartelo, in silenzio – un silenzio molto diverso da quello sterile o minaccioso di noi umani -, senza parole, con il linguaggio muto dell’amore.
Loro sono lì, che ti aspettano ogni domenica mattina.
Non esistono sbalzi d’umore, Saturno contro, tensione o nervosismo; niente li distoglie da te.
Questo rituale silente, senza nessun patto e contratto, senza un’agenda che sancisca il nostro appuntamento, e senza nessun orologio, se non le lancette del cuore, ci lega profondamente l’uno all’altra.
Perché, come diceva il Piccolo Proncipe, l’essenziale è invisibile agli occhi ma non al cuore.
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