Questa mattina stavo parlando via chat con un amico che non sentivo da tanto, e come quando non ci si sente da tanto tempo, si ha tanto da dirsi e da darsi.
A un certo punto, la nostra comunicazione si è interrotta con l’introduzione – o l’intromissione – di una faccina sorridente da parte sua.
Lei tra noi.
Insomma, un intruso tra le parole!
Io amo le parole, lavoro con le parole e con l’ascolto, le utilizzo per scrivere come se fossero la mia droga quotidiana, e credo che la nevrosi non sia altro che un’anima senza parole.
Anche io utilizzo whatsapp, e quando scrivo a mia figlia adolescente calibro le parole alle emoticon, per non fare la mamma-grillo parlante.
Ma tra adulti pensanti e verbali, le emoticon ad oltranza sono un insulto alle parole, soprattutto a quelle non dette, non ancora dette, o che potrebbero essere dette.
Faccina triste e faccina sorridente. Cuore che batte e cuore infranto. Lacrime e simbolismi vari ed eventuali.
Fuoco della passione ed acqua che lo stempera.
Pollici in su e pollici in giù.
Il nostro universo sentimentale ed emozionale si è del tutto sbiadito, ha abbandonato le parole ed ha traslocato in questo mondo striminzito di chat e di emoticon.
Le emoticon, nuovi segni di questa generazione a portata di tastiera e di smartphone, traducono le nostre emozioni più variegate senza troppi patemi d’animo e senza stare troppo attenti a sfumature lessicali e semantiche.
Ma siamo davvero certo che rappresentino un arricchimento o un depauperare di intensità quello che potremmo dire con le parole?
Esiste poi, una terza modalità di comunicare: il silenzio e l’empatia.
È il “silenzio parlante”, una magia del vivere e del sentire. Un transitorio stato alterato di coscienza che abbraccia quei legami magici: madre-figlio, chi si ama davvero, terapeuta-paziente.
È quel silenzio parlante in grado di comunicare più di mille parole e di altrettanti cuoricini e faccine idiote sorridenti. Un silenzio che non minaccia, che racconta, un silenzio che va oltre il punto in cui le parole si fermano a riposare.
Io rimango un’inguaribile romantica: rimango innamorata delle parole e della voce.