Per sopravvivere e galleggiare in questo mare dobbiamo omologarci oppure imparare a nuotare contro corrente (personalmente preferisco la seconda ipotesi, anche se è la più faticosa, è sicuramente la più affascinante).
Per salvarci da così tanto bisogno di omologazione e utilizzare un salvagente che ci aiuti a non soccombere, l’unica vera salvezza è imparare sin da bambini a pensare con la nostra testa.
Ascoltate il nostro cuore, e imparare e coltivare la nobile arte della selezione.
Per fare tutto ciò serve l’utilizzo del pensiero critico.
Il pensiero critico, di cui tutti abbiamo un gran bisogno, è la capacità insita in ogni persona – se esercitata e non influenzata o manipolata – di esaminare ogni cosa, pensiero e situazione in profondità.
Quel pensiero che si fa sentiero, cammino, introspezione, argomentazione e che consente di fare luce e chiarezza per evitare di appartenere a un branco di pecore (a me le pecore piacciono, ma quelle nere decisamente di più!). Il termine pensiero critico deriva dal verbo greco crino – discernere – che si riferiva all’attività del tessitore, che con perizia e pazienza separava un filo da un altro e li intrecciava poi tra di loro.
L’unica salvezza per un mondo che ci vuole tutti uguali – tra un po’ anche senza generi -, con gli stessi pensieri, emozioni, modus operandi, praticamente influenzati e manipolati è tenersi stretti i nostri pensieri, nutrirli e concimarli. Quindi, che ben venga il dubbio, il pensiero critico e divergente, l’autonomia emotiva e di pensiero, e ovviamente, le pecore nere.
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