Come una meravigliosa marea africana, che di meraviglioso non ha assolutamente nulla, dilaga l’ansia. Cresce, ci contagia, si trasforma e ci deforma, e da semplice paura diventa ansia che diventa panico che diventa psicosi.
Mentre l’attacco di panico sopraggiunge come un fulmine a ciel sereno nella vita del paziente ansioso, senza una motivazione apparente, l’ansia da psicosi di massa serpeggia dappertutto e condiziona ogni pensiero, azione, emozione.
Aumentano in modo esponenziale le ricerche online di notizie o di dettagli non ancora svelati, gli acquisti compulsivi, talvolta inutili, l’evitamento fobico dei luoghi affollati e meno affollati, e degli esseri umani. Non soltanto raffreddati o con gli occhi a mandorla.
La casa e l’isolamento, nell’immaginario collettivo, rimangono le uniche spiagge terapeutiche da poter frequentare.
Alcune paure, anche se motivate dalla presenza del coronavirus, straripano gli argini della coscienza e del controllo e diventano panico che si trasforma in “disturbi di forma del pensiero”. Una sorta di alterazione del flusso ideico, sino a sfociare nella possibile fuga delle idee e all’incoerenza.
Nei casi più sfortunati, o nei casi di personalità più fragili, la deriva diventa inarrestabile e può dar vita a un’alterazione dei nessi associativi.
L’ideazione può diventare delirante, con il rischio di trasformarsi in paranoia e intrappolare il protagonista di così tanto disagio in una prigione ripetitiva: paura, panico, pensieri intrusivi e paranoia, e si ricomincia senza tregua.
I supermercati sono stati presi d’assalto come se il coronavirus fosse il colera, l’amuchina viene venduta all’asta a prezzi improponibili, e le farmacie letteralmente svaligiate.
Questo virus si nutre delle nostre paure e delle nostre finanze, ci indebolisce e ci paralizza.
Ogni paura risuona dentro ognuno di noi in funzione della nostra storia di vita, del significato che gli attribuiamo e dell’energia che impieghiamo per lottarla, mantenendola in vita.
Dal coronavirus in poi stiamo assistendo a un massiccio contagio d’ansia, non soltanto del virus; con reazioni individuali che diventano collettive, e collettive che diventano individuali.
Questa epidemia, che non è pandemia, si è impossessata dei nostri pensieri, sino a colonizzare anche l’ultimo baluardo della paura: la paura di avere paura.
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