“Metti la gonna più lunga che al professore casca l’occhio”.
Con questa frase agghiacciante la vicepreside del liceo Socrate di Roma redarguisce una ragazza che indossa una gonna, e per di più non troppo corta.
“Te la sei cercata” è la famigerata frase con cui si ammonisce la donna stuprata trasformandola da vittima in carnefice.
Questi due emblemi di chiara contraddizione linguistica e semantica danno la misura di come, soprattutto in Italia, si fa una gran confusione tra vittime e carnefici, tra forma e sostanza, tra ruoli e generi. Tra giusto e sbagliato.
Un messaggio di questo genere, con questo contenuto, così carico di pregiudizi, di ingiustizie legalizzate e di divergenza di genere non si addice a una scuola: luogo della civiltà e dell’insegnamento, dove si dovrebbero formare coscienze, al di là delle apparenze.
Il messaggio racchiuso nell’occhio che cade è il seguente: donne spregiudicate da censurare e coprire, e uomini deboli da giustificare e da proteggere dalle gonne altrui, come se fossero bestie affamate in preda ai loro istinti predatori e primordiali.
La scuola dovrebbe essere un luogo sacro, dove ci sono docenti e discenti, abiti adeguati alle lezioni e non alle seduzioni, ma nel caso degli occhi penduli e a rischio di precipitare dove non gli è concesso atterrare, non è la gonna a dover essere osservata e giudicata ma l’occhio a rischio. E punito severamente.
Fonte: La Stampa