Una donna ripara le ali ai pazienti alati: le farfalle. La cui fragilità è superiore soltanto alla loro bellezza.
Questa mattina mentre leggevo La Zampa, de La Stampa, quest’atipica notizia ha catturato la mia attenzione e il mio cuore da strizza cervelli e da aggiusta cuori.
Ho ripensato ai miei pazienti, anche a quelli più gravi e spaventati. Ai più fragili e aggressivi. A coloro che scappano e che vorrebbero essere inseguiti. A chi ha le ali bellissime che non si spiegano, e a chi le ha variopinte e vibranti, ma non lo sa. A chi vive paralizzate dall’ansia e dalla paura e pensa di non avere le ali. A chi vive ancora nel bozzolo e non sa nemmeno di poter diventare farfalla.
Le consulenze, anche le più complesse e faticose, sono sempre un grido d’aiuto.
Sono la concretizzazione di una mano che si tende – anche quando la mano non ti viene stretta e il paziente va via senza salutarti – e di una mente che ti accoglie.
Sono l’incontro tra due parti sane e di due sofferenze. Quelle del paziente o della coppia e le tue (Transfert e controtransfert).
Dietro e dentro una richiesta d’aiuto c’è sempre un grido di dolore, anche quando il dolore è un dolore muto.
Anche quando i sintomi parlano più di ogni parola, e ogni silenzio ascolta più di mille orecchie.
A volte, anche io, come la signora delle farfalle, mi sento una riparatrice di ali, e di cuori.

Fonte: La Zampa- La Stampa

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