I pazienti, in seduta, fantasticano spesso sulla persona giusta. Sulla tanto affascinante quanto disfunzionale mezza mela di platonica memoria.
Su colei o colui che li faccia stare bene. Sentire bene. Che li renda felici. Meno soli. Più o meno qualcosa.
In realtà, in clinica e nella vita,
non c’è nessuna persona giusta. Nessun partner terapeuta, stampella, psicologo amatoriale, badante è la persona giusta.
Esistono soltanto le persone, più o meno caratterialmente compatibili o affini, e in ognuna c’è un pezzetto di quella giusta. Un tratto caratteriale, un modo di fare o di dire, un valore o un altro ereditato dalla famiglia d’origine, un raggio di luce, un bagliore, uno scintillìo.
In nessuna persona c’è tutto quello che l’altro si aspetta di trovare: quello che solitamente manca a lui.
E poi ci sei tu. Colui o colei che deve essere giusto per e con sé stesso, che deve conoscersi, riconoscersi, ascoltarsi e rendersi felice, da solo, perché nessuno può farlo al posto tuo.
Nella scelta del partner c’è un altro aspetto da non sottovalutare: il tempo che passa. Una persona giusta può diventare sbagliata quando uno dei due cambia, evolve, involve. Quando un partner cammina per due rampe di scala e l’altro rimane in cantina. Quando, pur amandosi, si smarriscono per strada.
Quindi, la persona giusta non esiste, ma esiste la compatibilità di cuore e l’impegno che la coppia decide di investire nel legame per renderlo immune dal tempo che passa e dal fantasma della persona giusta.
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