La pausa di riflessione, tra freni a mano e derive. L’amore in pausa

Quando finisce un amore, si cerca di indorare la pillola da associare alla parola fine.
Per sé stessi e per l’ex amore.
“Ti amo, ma sono confuso”.
“Non vivo senza di te, ma sono in crisi”.
“Sono stati gli anni più belli della mia vita, ma adesso sono depresso”.
“ Non so più cosa voglio dalla vita, ma tu non sei responsabile del mio malessere”.
Insomma, scuse, alibi perfetti ma perfettamente inutili e non consoni al sentimento dell’amore.
Quando si ama, si ama e basta, senza se e senza ma, e si “coniugano i verbi al futuro”, come scrive Massimo Gramellini.
Voci di popolo – e coscienze poco coraggiose – hanno inventato la tanto frequente, ma altrettanto poco veritiera, pausa di riflessione.
Un momento, più o meno lungo, di incontro con sé stessi, una sorta di “tagliando di riflessione sull’amore”, sulla coppia, sul mal di vivere – spesso attribuito al coniuge – per capire quello che si vuol fare da grandi.
Il coniuge messo in pausa soffre moltissimo, il confuso riflette.
Entrambi diversamente infelici.
Il primo non capisce, si interroga su più fronti, scomoda processi psichici profondi, aspetta pazientemente che l’altro smetta di riflettere e decida se andare via o rimanere.
Solitamente è già altrove da tempo, e la pausa ha anche una chiara identità!
Un tempo c’erano i single, i fidanzati o coniugati, i divorziati.
Oggi ci sono i single (soli) ad oltranza, i separati in casa, gli amanti online, gli scambi di coppia e gli amori in pausa.
Una conquista della modernità.
Insomma, più che una pausa sembra una spada di Damocle sulla testa del povero e amore in pausa.

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