La paura e il coraggio di una madre

Quando un figlio abita il ventre di una madre, incanta e spaventa. Una donna pensa di essere pronta ad amare e accudire solo perché ha una vita in grembo.
Talvolta lo è, altre volte no; soprattutto quando non è stata amata. Spera di essere in grado di amare la vita che ha generato, pur non avendo mai amato nemmeno sé stessa.
Allo scoccare dei nove mesi, giorno più giorno meno, il bambino nasce.
Le paure, unitamente alle emozioni, attanagliano ogni respiro, ogni azione. Diventano ansia, dubbio, mal di pancia, insonnia. Talvolta mal di vivere, solitudine, depressione.
La vita quando nasce e prende vita occupa ogni spazio, ogni interstizio, ogni pensiero. Diventa uragano, tempesta, pioggia e arcobaleno.
La donna impara ad amare il suo bambino al di là della sua stessa capacità di amare. Impara con lui e per lui, e anche quando non è perfetta o una buona madre (cosa si intenda per buona madre non è poi così chiaro), è di certo una madre buona.
Per tutta la vita ha sempre pensato di amare l’amore, un uomo o un altro uomo, magari poco sé stessa, ma un figlio? Come si fa ad amare un figlio e per di più così tanto? Un figlio che ha bisogno di tutto, senza sconti, senza distrazioni, senza pause. Un figlio che inchioda al muro della responsabilità e della fatica.
Quando una donna diventa madre, inevitabilmente, pensa alla sua di madre. Alla madre che non ha avuto o che ha avuto avversa. Elefantessa o evanescente. Madre bambina o bambina madre. O madre di sua madre. Talvolta diventa madre pur non avendo avuto una madre o un uomo accanto; questo è senza dubbio il percorso più faticoso e ostile.
Pensa e ripensa a quella madre così opprimente. A quella madre distratta o crudele.
Una madre, in un modo o nell’altro, cerca di diventare la persona di cui aveva bisogno quando ero bambina. Dolce e presente. Autorevole e decisionista. Parlante o che sceglie con cura le parole da non dire. Che tocca e che bacia, non solo quando il bambino dorme, ma che bacia ad occhi aperti e a cuore spalancato.
Dentro il suo ventre cresce, si nutre, diventa grande anche se è ancora piccolo. Il bambino cresce, la madre anche (talvolta no). I suoi progetti si infrangono sul figlio che è ben diverso da quello che lei pensava che fosse. Lui (o lei) non è lei piccola, è altro da lei, e andrà altrove. Nel tempo diventerà sé stesso, tra strappi e riparazioni.
A volte, quando un figlio nasce da una madre che non è stata amata, il suo amore scardina tutti i dossi e i rallentatori che la psiche di quella donna, sapientemente e lentamente, aveva costruito per non amare. Diventa dirompente, spaventa e risarcisce. Restituisce alla vita.
Una madre che non è stata amata e che impara ad amare, talvolta sta male, altre volte si fa aiutare.
Altre volte ancora sente troppo amore per essere felice, non lo riconosce, non lo contiene, non trova lo spazio interno per farlo germogliare. Così, può correre il rischio di rimanere paralizzata da un sentimento così intenso e vero.
Per amare bisogna essere stati amati e non avere paura. Di sbagliare, di amare e di lasciarsi amare.

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