Ho immaginato di fare una torta speciale. Non nuziale, quelle a volte non riescono, ma speciale, con tanti ingredienti, tutti indispensabili.
Provo a scrivervi la “ricetta”.
Iniziate col mettere in un abbondante contenitore la farina chiamata ascolto. Il contenitore deve essere grande e capiente, se non c’è spazio o c’è dell’altro, non può esserci spazio per il nuovo.
Nello stesso contenitore aggiungete lo zucchero chiamato empatia; mescolate con cura. Senza fretta. Senza urgenza. Regalando la possibilità ai due ingredienti misteriosi e sconosciuti di conoscersi e di unirsi senza lasciare disseminati nel loro composto i grumi delle incomprensioni.
Rimescolate per bene utilizzando un cucchiaio di legno chiamato resistenza, pazienza, dedizione, cura.
Aggiungete le uova chiamate energia, voglia di vivere, allegria, simpatia. Uno per volta, con un rituale lento, in modo che diventino un valore aggiunto al composto e non una minaccia.
Quando l’impasto è ben amalgamato, non prima e non dopo, aggiungete le scaglie di cioccolato fondente chiamato passione, sessualità, erotismo.
Poi, compiaciuti della vostra opera,
stendete con il mattarello della caparbietà e della perseveranza per ottenere un composto che possa lievitare e profumare a lungo.
Mettete in una teglia chiamata coppia e in un bel forno ventilato chiamato futuro, e aspettate che lieviti mentre l’osservate compiaciuti.
Lo sguardo è importante, non va sottovalutato, perché se la dimenticate in forno si brucia o può anche non lievitare.
La torta va cosparsa con lo zucchero a velo chiamato fedeltà. Questo va messo in abbondanza, mai a piccole dosi, senza risparmiarsi o risparmiare.
A questo punto, assaggiare con cura. Sentirne il profumo; dopo, solo dopo, il sapore.
Mangiarla a piccole dosi, senza ingorghi emotivi e digestivi.
Conservarne un po’ per i momenti bui del cuore: quando ci sarà carestia di tempo, di spazio e di possibilità di cura.
Non buttare mai via niente: né le cose brutte né quelle dolorose, quelle sono le più indigeste ma le più utili. Metterle da parte e se non c’è spazio (e coraggio) per utilizzarle, riprenderle dopo, perché se vengono lasciate in disparte vanno a male e fanno del male.
E se la torta non lievita non pensate subito alla prossima torta ma cercate di riparare la vostra. Quella nella quale avevate creduto. Ripassate mentalmente gli ingredienti adoperati e, soprattutto, quelli dimenticati. Quelli, talvolta, sono i più importanti e decisivi.
Le crepe – talvolta capita che una torta si sbricioli o si spacchi – possono essere riparate, farcite, abbellite con una glassa bianca, color luce, o di ribes rossi, color passione.
La ricetta sarà un’eredità d’affetto da tramandare con cura a chi vogliamo bene.
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1 Commento. Nuovo commento
Applicherò pedissequamente, d’ora in poi, la sua ricetta-metafora; sicuro di ottimi risultati.
Con affetto