Il tempo e il cimitero, un lusso vacanziero

Il lusso delle vacanze, almeno per me, è dilatare il tempo. Assaporarlo, rallentarlo, stiracchiarlo il più possibile per respirare a pieni polmoni ed evitare che le cose si accavallino e ti schiaccino.
Il lusso di questi giorni è fare una cosa al giorno: un giorno la spesa, un giorno la banca, un giorno altre incombenze familiari, tanti giorni pieni di niente, e ogni giorno scrivere.
Oggi sono venuta al cimitero, a trovare mio papà.
Ogni volta che vengo qui, penso di non emozionarmi e di essermi abituata alla sua assenza, ma non è vero. Mento a me stessa sapendo di mentire. Il cimitero non è un luogo triste, è un luogo di raccoglimento pieno di vite che vagano.
Amo venire qui all’alba, quando non c’è nessuno, ho la sensazione di sentire le anime di chi non c’è più. Guardo le loro foto, leggo la data di nascita e di morte, e penso se queste persone possono fare compagnia a mio padre.
Nella mia fantasia immagino di sì.
Prendo la mia sedia di legno sgangherata che lascio qui e mi metto a scrivere, come sempre, mentre parlo con lui in silenzio. Gli racconto ogni cosa. Cosa è accaduto ultimamente nelle nostre vite, anche se lui lo sa già.
La laurea della sua amata nipote, mia figlia Lucrezia, il mio lavoro, dell’altro nipote, Ruggero.
Gli ho detto che sua sorella non c’è più e che l’altra sta bene e che ce stiamo occupando noi con tanto amore.
Alla fine lo saluto ricordandogli che mi manca molto, ma anche questo lo sa già.
Chiudo la mia sedia sgangherata di legno, la ripongo nel suo angolo tra il lavandino e il tavolo per accudire i fiori, e vado via.

Su questo argomento ho scritto un libro: Un clandestino a bordo, Viola editrice. Un libro che parla di assenze che diventano presenze, di navigazione e di barche, di terapia di coppia e sessuologia, di parole che riparano e del rapporto speciale tra padre e figlia, fino alla fine dei suoi giorni e oltre.

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