Mi sono sempre chiesta se occuparsi di qualcuno fosse la stessa cosa di preoccuparsene.
Se amare significasse colonizzare.
E se lo spazio fosse la stessa cosa del vuoto (di questo però ne parlerò la prossima volta!).
E mi sono risposta di no.
Stare alla giusta distanza dal mondo dell’altro è tra le cose più complesse che ci siano.
La distanza è una sorta di automatismo relazionale, va calibrata di volta in volta con il metro dell’anima.
Un metro difficile da riconoscere e da utilizzare, il cui funzionamento fluttua unitamente alle nostre più recondite necessità.
La giusta distanza è un concetto complesso.
C’è chi la teme perché soffre di fame d’amore, chi invece ne ha bisogno per poter amare e non sentirsi fagocitare dall’altro, e chi non sa nemmeno cosa sia.
Insomma, nessuno ci insegna a utilizzare quel metro invisibile che ci consente di muoverci nella vita dell’altro senza disturbarlo o danneggiarlo.
Chiunque esso sia, e qualunque ruolo abbia nella nostra vita.
Genitori e figli, amici, coniugi o amanti, cani o gatti.
Ogni coppia ha bisogno del proprio metro, perché può anche capitare che quando si aprono le porte della propria anima a qualcuno, l’altro, talvolta, si senta quasi in dovere di pascolarci o di mettere dimora.
Il rapporto con la giusta distanza dall’altro nasce con noi.
Nasciamo e qualcuno si occupa amorevolmente, o meno, di noi.
Ci sono delle mamme che sono delle elefantesse e che occupano tutti gli spazi, altre, invece, delle ombre evanescenti.
Questo, in ogni caso, ci consente di cadere e di rialzarci, di essere curati quando ci ammaliamo, di fare presto la sera, di mettere una sciarpa per eludere il mal di gola, insomma, ci permette di avere argini e confini, o di non averne affatto e di doverli trovare durante la nostra vita.
A un certo punto cresciamo, rompiamo a fatica l’uovo famiglia ed esploriamo il mondo.
Capita che ci innamoriamo e ci fermiamo, cercando di mantenere la nostra autonomia e il nostro baricentro psichico, tra fusione e separazione.
Durante il nostro cammino, fatto di soste e ripartenze, incontriamo tanti amori e tante parti di noi sconosciute a noi stessi, che nascono grazie a quegli incontri.
Ma non tutti gli amori sono sani.
Alcuni sono sani, alla giusta distanza, altri, invece, sono invasivi, opprimenti, devastanti.
Come avere addosso una coperta di pail ad agosto.
A volte la nostra parte affettiva prende il sopravvento, orienta le nostre scelte o non scelte, vuole essere risarcita.
Il confine tra occuparsi con garbo e amore di qualcuno e preoccuparsene levandogli l’aria che respira è sottile, e va ricalibrato di volta in volta.
Cambia la vita, cambiano le stagioni e cambiano i protagonisti dell’amore, ma la giusta distanza rimane un faro nella notte senza il quale non puoi fare nemmeno un passo.
La vera intelligenza emotiva sta nel sentire il confine, il limite, il semaforo rosso da rispettare prima di ripartire.
Il mondo dell’altro non ci appartiene, farne parte è un privilegio, un regalo, da assaporare di volta in volta.
E soprattutto non è scontato.
Non sempre ci viene concesso e permesso di farne parte, talvolta, rimanerne fuori è un atto d’amore.
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