Ciao, sei una sessuologa? Scusa, mi rispondi. Ciao, come stai? Posso darti del tu?
L’eloquio che ci rappresenta, che parla di noi e per noi, che raggiunge il nostro interlocutore, in linea di principio, dovrebbe essere adattato a chi ci ascolta e dovrebbe traghettare il messaggio che vogliamo far passare.
L’italiano con le sue raffinatezze lessicali sembra essere definitivamente andato in pensione, purtroppo, e il tu imperversa indisturbato derubricando l’eleganza dal nostro dialogo.
Il lei raffinato e nient’affatto desueto sancisce i limiti che vogliamo tenere durante una comunicazione, e che vorremmo che gli altri tenessero: interni ed esterni, consci e inconsci.
L’utilizzo del lei e del tu incarna simmetrie e asimmetrie relazionali, giochi e strategie, danze verbali per nulla casuali.
Il rapporto con il lei è culturale e tremendamente soggettivo, non sempre dipende dall’età di chi parla e di chi ascolta.
C’è chi ha paura del lei perché si sente inadeguato, vecchio, distante. E chi ha bisogno del tu per azzerare le distanze, per cancellare in un battibaleno i titoli professionali dell’interlocutore, per spostare la comunicazione su un piano colloquiale e informale.
In realtà, ci può essere intimità e profondità con il lei – come nel caso del rapporto con i pazienti – e tu disseminati come se fossero prezzemolo, del tutto inadeguati e invasivi che raccontano una finta familiarità.
L’italiano, rispetto all’inglese, è arricchito da infinite sfumature lessicali. C’è il lessico della riservatezza e dell’audacia, il lessico confidenziale e formale, quello amoroso e dell’indifferenza. Le parole che si modificano nel tempo quando diventiamo intimi o estranei. Quando vogliamo far passare un messaggio o un altro, o nessuno. Quando vogliamo essere ermetici o spalancare le porte del cuore.
Quando ci innamoriamo, lentamente, passiamo dal lei al tu. Dalla sensuale distanza verbale e vicinanza di cuore o di intenti alle parole intime, affettuose, d’amore e di passione. Congrue al vissuto.
Il tu generalizzato dei nostri giorni non dipende soltanto dall’improprio utilizzo della grammatica, ma da una mancanza di tatto, di memoria storica e culturale della buona educazione.
Il tu è il luogo della confidenza e dell’intimità. È il lessico della simmetria e della simpatia, volutamente superato o gentilmente concesso.
Il lei è, invece, il luogo del garbo, della giusta distanza dall’altro, del rispetto, degli sconosciuti.
Nello spazio di un lei c’è formalità e asimmetria, eleganza e raffinatezza. Il lei è il luogo della nostalgia (la mia soprattutto) e delle buone maniere, quando ancora ci incantavamo e stordivamo di parole e forme, prima che l’italiano mostrasse segni evidenti delle sue ferite multiple.
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2 Commenti. Nuovo commento
Buongiorno Dottoressa, sono veramente felice della sua eleganza intellettuale, lessicale e dell’evidente rispetto che Lei elargisce ai suoi pazienti. Io credo che il Lei sia la forma più alta di rispetto nei riguardi di chiunque, dal più ricco al più povero;i più maliziosi vedono nel Lei una forma di allontanamento e di mancanza di umiltà. In realtà, il Lei viene utilizzato, quantomeno, deve essere utilizzato, per sottolineare gravemente la grande importanza che si dà alla persona con cui stiamo interloquendo. Si, perché ogni persona è uno scrigno di insegnamento, ogni persona è un tesoro da arare per far germogliare le nostre idee. Nel rapporto con le persone, ognuno di noi ha lo stipendio fisso, ma sono le mance che riceviamo dalle altre persone (che vedono in noi il rispetto), che ci permettono di vivere un po’ meglio degli altri….come quando lasciamo la mancia al barista al bar. Le mance permettono a noi di ampliare lo sguardo puro e ingenuo nei confronti di chiunque, le mance permettono di arricchire intelletto, anima, consapevolezza, ma soprattutto permettono di scoprire, conoscere e amare più degli altri. Chi accorcia le distanze lo fa esclusivamente per insicurezza e mancata realizzazione intellettuale e lavorativa, pensa che dando del tu si possa servire di quella persona nell’immediato futuro per realizzarsi. In questo comportamento istrionico, i due istrionico, qualora si delineasse una accettazione da ambo le parti della forma lessicale diseducativa, si eliminano a vicenda. Chi è di mente ingenua e pura, capisce immediatamente chi si vuole avvicinare per secondi fini. Ma la cosa più orrenda è che i genitori insegnano ai figli a dare del tu. Se i figli crescessero con l’istruzione della forma lessicale più corretta, il Lei, imparerebbero a rispettare chiunque, il povero, il ricco, gli anziani, e rispettare significa ascoltare e apprendere. Se non si ascolta non si cresce e non si hanno “IDEE”.
Grazie per le Sue riflessioni.