Sembrava strano anche a me, e credevo di non dovergli attribuire emozioni umane.
Ed invece, il mio piccolo Artù, mi ha dato prova del contrario, e mi ha riportata velocemente alle mie vecchie convinzioni.
Quando era piccolo, Artù, è cresciuto insieme alla sua inseparabile amica del cuore: la mia cagnolina Mimì.
Ha imparato velocemente come bisognava comportarsi in casa, discriminando quello da fare da quello da non dover fare.
Era una piccola spugna di buone maniere.
Osservava, copiava, e ripeteva i comportamenti della sua anziana guida di emozioni e di comportamenti.
Quando acquistavo un osso di pelle di bufalo – il loro passatempo preferito – ne acquistavo sempre due.
Uno per ciascuno, per evitare possibili litigi o rivalità.
Così, l’uno accanto all’altra, ma con cuscini separati, facevano a gara a chi terminava prima l’osso, nel tentativo vano di rubare quello altrui.
Osservarli è sempre stato per me un vero divertimento, nonché un anti stress.
Negli anni, Artù cresceva, e Mimì invecchiava.
Questo gioco è durato finché Mimì è rimasta in vita.
Ho tentato di riproporre il premio, ma Artù non lo ha più gradito, cosi, nonostante il profumo irresistibile di gioco e di premio, l’osso viene ignorato, ed addirittura nascosto per casa, in luoghi impensabili.
Per Artù, rimasto da solo, sembra davvero impossibile fruire dei piaceri del palato in solitudine.
Il dolore batte l’istinto uno a zero.
Più osservo i cani, con i loro comportamenti, e più rimango rapita dalla loro lealtà d’animo e di cuore.
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