C’è un punto in tangenziale con uno spicchio di cielo, che si affaccia fragorosamente tra un palazzo e un albero.
Ogni mattina, quando passo da lì, mi intrufolo con tutte le mie forze in quel punto, rallento e lo guardo. Così, il punto, diventa un appuntamento tra te e me.
Mi sono convinta, e per di più da ben cinque anni, di incontrarti ogni mattina.
Li, in quel punto.
Quando si ha un buco nel cuore, un punto nel cielo diventa un appuntamento.
Così, caro papà, da quando ti sei spostato altrove, abbiamo vari appuntamenti a tenerci compagnia.
Sei il mio cielo e le mie nuvole, la mia giornata uggiosa e il mio raggio di sole.
Sei il pensiero che mi scalda la giornata, sei il mio buonumore e la consolazione per ogni momento buio.
Del resto, nella vita, ci sono persone vive che non ci stanno accanto, e altre decedute che ci scaldano il cuore.
Silenzi che parlano e fanno compagnia, e presenze che sono assenze.
Abbracci che non abbracciano o stritolano, e distanze di sicurezza che avvolgono l’anima.
Assenze che sono presenze e parole vuote e vane, che non arrivano da nessuna parte.
Figli orfani di genitori vivi.
Matrimoni senza amore e amori senza matrimonio.
Questo me lo hai insegnato tu.
Sai papà, credo che le persone care che non sono più fisicamente accanto a noi possono esserlo in un altrove che stabiliamo noi insieme a loro.
Così, ogni qualvolta ne abbiamo voglia o bisogno, possiamo andarle a trovare in quel luogo, interno o esterno a noi. Non importa.
Io ogni mattina ti incontro in una nuvola, in un albero, in un buco nel cielo.
In tangenziale.
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