Sono appena rincasata dopo qualche giorno trascorso a Londra, da mia figlia. Tra le cose di Londra che non ho più trovato, delle altre identiche a sempre, nuove allarmanti abitudini hanno destato la mia curiosità: i ladri di cellulari nelle strade del centro.
Non sono ladruncoli improvvisati ma coppie rodate a lavoro, che si muovono in perfetta sinergia ed empatia. Camminano su grosse biciclette nere con ruote da cross che gli consentono di salire e scendere dal marciapiede – il luogo del furto – con grande destrezza.
Tutti noi, solitamente, anche quando passeggiamo per negozi, abbiamo un cellulare in mano: facciamo le foto, guardiamo le mappe, consultiamo la linea della metro o la strada per non smarrirci, condividiamo istanti, incastoniamo ricordi, parliamo con chi amiamo.
Ed ecco che appaiono i ladri.
Osservano le prede da lontano, mentre passeggiano apparentemente spassionati con le loro biciclette, uno dei due si avvicina al malcapitato e lo disorienta oppure con un bastone gli fa cadere il cellulare per terra, l’altro arriva in suo soccorso e con fare felino lo rapisce.
Il povero turista – ma accade anche agli inglesi – rimane incantesimato e attonito. In un batter d’occhio ha smarrito tutto: la carta di credito, l’app per accedere alla banca, i numeri di telefono, i ricordi, le sue foto del cuore, la carta d’imbarco, la via dell’hotel. Tutto di sé.
Il cellulare viene prontamente spento, svuotato di tutto e rivenduto.
Accade tutti i giorni, e i furti si aggirano intorno ai trecento al giorno.
È mai possibile che in una città come Londra, e non stiamo parlando di Catania, nessuno provveda ad arrestare questa incresciosa deriva?
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