C’è chi sostiene che la gratitudine sia un inventario mentale e del cuore di tutto ciò che abbiamo e siamo. L’invidia e l’ingratitudine, mali frequenti e corrosivi, invece, sono l’inventario di quello che non si ha o è.
La pandemia, che come scrivevo lo scorso anno non è una psicoterapia, non ci ha insegnato niente se non a sgomitare, a frodare, a festeggiare o cenare di nascosto, a parlare a vanvera, e così via.
Torniamo al primo inventario, quello della memoria e del cuore. Quello che ci ricorda quello che abbiamo e che siamo, e che abbiamo perché siamo e siamo perché abbiamo (relazioni affettive, lavoro, amori).
Ripassarlo con il ricordo, almeno una volta al giorno quando si fa l’inventario della giornata trascorsa, ci fa capire di essere ricchissimi.
La semplicità, per esempio, è la capacità di ridurre le aspettative troppo elevate, quelle che ci intrappolano e ammanettano al senso del dovere e a suo fratello: il senso di colpa. Quelle aspettative irrealistiche da filtri di Instagram o da menzogne postate che diventano mancanza, invidia, vuoto cosmico e che ci impediscono di godere della pienezza del presente.
L’ordine, che sia esteriore o interiore (quando sono stanca o stressata ho un bisogno estremo di riordinare casa, mi riconsegna a me stessa), regala armonia. La capacità di stare bene con sé stessi senza caos di emozioni alla rinfusa, un inconscio che fagocita e oggetti, spesso inutili e compulsivi, disseminati dappertutto.
Oggi nel mio inventario serale, in quel tempo quando tutto si ferma e tutto si dilata, mi torna in mente una bellissima frase che un papà napoletano che ha accompagnato oggi il figlio in studio mi ha detto, e che, in fondo, mi ha regalato: “Mio figlio è il mio cuore fuori dal petto”.
Questa frase-immagine-dono mi è sembrata la cosa più bella di oggi.
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La pandemia non è e non è stata una psicoterapia.
https://www.valeriarandone.it/riflessioni/la-pandemia-non-e-una-psicoterapia/