Le vostre storie, le mie parole.
A volte accade. E quando accade è drammaticamente doloroso.
Non so per quale misterioso motivo, a un certo punto della mia giornata, talvolta anche nel bel mezzo di un amplesso, penso a lei. A lei che non sono io e che ha amato lui, il mio lui.
Sì lo so, in quegli anni non facevo parte della sua vita, però adesso ci sono e per me è come se ci fossi sempre stata. Così, ogni tanto, a volte per il semplice bisogno di farmi del male, ritorno a quei giorni che non conosco, ma che conosco tramite il racconto dell’uomo che amo.
Metto insieme i pezzi, il tono della sua voce, le mie emozioni contrastanti fatte di curiosità e gelosia, il suo sguardo quando parla di lei e quando guarda me raccontandomi di lei.
Così quando vado in quei luoghi della memoria sto male, anzi malissimo.
Mi viene un mal di pancia incredibile, mi si strappa il cuore, penso e ripenso a lui tra le sue braccia e le sue gambe, ai loro baci, alla loro intensità e all’abbandono postumo.
Se lei non lo avesse abbandonato, lui non mi avrebbe mai amata? e se io non lo avessi consolato, lui avrebbe continuato a pensare a lei?
Quando sto male e vado lì, nei luoghi della mia maledetta memoria, mi strazio di domande con l’intenzione di farmi del male perché so che non c’è nessuna risposta che possa placarmi, e quando trovo una risposta nello stesso preciso istante ne trovo un’altra che è il suo esatto opposto.
Annaspo, non respiro, rimugino, non dormo e non mangio. Il tempo si ferma e mi inchioda al ricordo.
Credo che la mia si chiami gelosia tardiva o retrospettiva – così la chiama la mia strizzacervelli preferita – ma sapere qual è il suo nome non mi protegge dal dolore.
Concludo le mie giornate devastata da un ricordo.