Sospesi. Penzolanti. Accarezzano l’aria e si fanno accarezzare dall’aria. Non stiamo parlando di lampadari ma di corpi. E di psiche.
Giovani e meno giovani, ragazzi e ragazze che decidono di trafiggersi la pelle.
Tramiite ganci e moschettoni volteggiano in aria, nel tentativo di attraversare e di utilizzare il sentiero impervio della sofferenza.
Un corpo da profanare e da utilizzare per comunicare con il mondo e con sé stessi.
Il silenzio assordante di chi si trafigge viene rappresentato da una pratica estrema, a metà strada tra autolesionismo ed esibizionismo.
Il corpo diventano un teatro privato dove mettere in scena un dolore muto.
Il rapporto con la pelle e con il concetto di piacere e di dolore parte da lontano, da quell’inprinting sensoriale fatto di abbracci o di percosse miste a umiliazioni che si eredita durante l’infanzia.
Questi ragazzi hanno più paura di una carezza che di una perforazione, di un abbraccio che di un gancio.
Il corpo diventa un palcoscenico.
Sede di sofferenza, mezzo e fine della pratica del body suspension.
Per stupire e scandalizzare.
Per soffrire e per trasformare il dolore in erotizzazione della sofferenza, quindi, in piacere.
Un rito che diventa il luogo dell’altrove, dove mettere in scena sofferenze e traumi, confondendo ciò che è piacere con ciò che è dolore.
Un corpo da profanare e da trafiggere.
Da mutilare mediante un attacco pubblico alla sacralità del corpo.
Le dinamiche profonde sono le stesse dell’autolesionismo. Quando il dolore è troppo forte per essere attraversato ed elaborato, viene spostato sul corpo.
Così, un corpo ferito, trafitto, tagliato e sanguinante è senza dubbio più facile da accudire di una psiche flagellata dal dolore e dagli abissi del vuoto.
Il dolore fisico, con la sua brutale dirompenza nel reale, mette a tacere il dolore dell’anima.
La pelle è un organo simbolico e di confine. È il luogo dell’incontro e del non incontro. È il reticolo sensoriale che ricorda le carezze ricevute da bambini, o le percosse.
Protegge, avvolge, funge da barriera tra dentro e fuori. Tra il mondo inconscio e quello esterno.
La pelle rappresenta il nostro involucro corporale: serve a limitare, contenere, organizzare.
Anzieu, nel suo libro “ Io-pelle”, dimostra come il sovrainvestimento o la carenza di una funzione dell’Io-pelle spiegano il masochismo perverso, il nucleo isterico della nevrosi o la distinzione tra personalità narcisistiche e borderline.
I frequentatori del body suspension utilizzano il corpo per tenere a bada il vuoto insopportabile della psiche.
Così, il corpo diventa un’arte teatrale da mostrare, sorprendente e dirompente.
I rischi sono tanti: fisici e psichici.
Uno tra i quali è quello di superare il punto di non ritorno e rimanere in sospensione, volteggianti.
Come color che son sospesi.
Di questo e di tanto altro parleremo nella puntata di “Realiti-Siamo tutti protagonisti”, in onda il 7 Agosto, in seconda serata su RAI2, redattore Diego Spaccarotella, Capo Progetto Umberto Alezio, conduttore Enrico Lucci.