Due rette parallele vivono la maledizione-benedizione di non incontrarsi mai. Si guardano, camminano l’una accanto all’altra per un tempo infinito. Talvolta per sempre. A volte accade in amore altre volte nei sentieri impervi della vita.
Il rapporto con la fortuna, per alcuni di noi, è esattamente così. Sappiamo dove si trova, dentro e fuori da noi, la guardiamo negli occhi, le camminiamo accanto, lei fa lo stesso con noi, ma non abbiamo il coraggio di fare un salto.
Quel salto dall’altro lato della barricata che ci consentirebbe di essere felici. Preferiamo la solitidine, il malessere, il vantaggio secondario dei sintomi. Rimaniamo immobili.
L’immobilismo è un mostro che si nutre di ignavia e di paura. Che ti ammanetta alle non scelte, al torpore dell’esistenza, che non ti fa fare quel salto pur vedendo bene l’altra sponda.
Giulia, nome di fantasia, per esempio, sapeva bene come poter essere felice o almeno non infelice. Sapeva che avrebbe dovuto cambiare lavoro e anche marito. Che avrebbe dovuto accettare quella promozione e cambiare città, almeno per un po’. Sapeva anche che la relazione altra che aveva intrapreso come antidolorifico l’avrebbe fatta soffrire ancora di più e che Stefano, nome di fantasia, non sarebbe mai diventato un partner ufficiale.
E, in fondo, lei non lo avrebbe nemmeno voluto. Avrebbe voluto soltanto ritrovare sé stessa, la sua serenità, la sua energia e voglia di vivere. Giulia ha sempre preferito camminare sull’altra retta: quella parallela alla felicità.
La felicita è uno stile di vita che per attuarsi e avvolgerci, almeno ogni tanto nella vita, ha bisogno di dosi massicce di coraggio e di istanti eterni.
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