Alessandria. Paziente omosessuale viene dimesso da un ospedale con diagnosi clinica e orientamento sessuale scritto nero su bianco, nonché con ulteriore specifica: relazione affettiva stabile.
Mi chiedo: un paziente omosessuale ha una diagnosi differente da un paziente eterosessuale?
E se avesse una vita da amatore seriale piuttosto che un compagno stabilmente presente nella sua vita affettiva, sarebbe più esposto alla cefalea? O meno esposto?
Una diagnosi del genere nutre e concima i falsi miti sull’omosessualità. Un paziente, che sia uomo o donna, omosessuale o eterosessuale, bianco o nero, deve ricevere una diagnosi che riguardi esclusivamente la malattia per cui è stato ricoverato, e per la quale ha chiesto aiuto.
La disamina della sua vita emozionale, affettiva e sessuale, sempre che sia lui a richiederla, deve traslocare in un’altra sede, quella psicoterapica. Senza pubblicazioni postume, e senza la triste correlazione con la sua condizione di salute.
Corpo e psiche dei pazienti etero o gay non hanno un funzionamento anomalo, bensì funzionano tutti nel medesimo modo. Che siano fedeli, stabilente coniugati, o felicemente adulteri.
Non esistono diagnosi per e da omosessuali.
Una diagnosi che inciampa in un errore madornale come questo, tradisce il suo unico progetto iniziale: aiutare il paziente.

Fonte: La Stampa

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