A volte, non so se capita anche a voi, ma io avrei voglia di essere in grado di desiderare la noia. Per legittima stanchezza!
Ovviamente non ci riesco. Vengo rapita da due forze antitetiche che sembrano essere sorelle siamesi: indivisibili.
Mi capita di avere voglia di non fare assolutamente niente, pur desiderando ardentemente di fare qualcosa. Di desiderare la socialità e la voglia di solitudine, quella che porta dipendenza.
Vengo rapita dalla voglia di viaggiare e di volare altrove, e allo stesso tempo di rimanere asserragliata in casa. Dalle persone emotivamente eloquenti e da quelle mute.
Il risultato di questo tiro alla fune di forze contraddittorie, soprattutto durante i periodi di massima stanchezza, di convalescenza interiore o di depauperamento delle mie energie psichiche, mi regala una buona dose di immobilismo e al tempo stesso senso di nostalgica malinconia per quello che avrei potuto fare e non ho fatto.
Ieri, durante l’ultima seduta prima delle vacanze, con un mio dolcissimo paziente musicista, ci siamo salutati riflettendo sull’opportunità di scovare le passioni che abitano in noi.
Unica fune esistente e resistente che ci aiuta a reggere la fatica del vivere.
Le mie sono: i miei affetti importanti, la scrittura – condanna e terapia – e gli animali. La sua, per la nostra gioia e fortuna, la musica.
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A costo di sembrare banalmente anticonformista, credo che vivere autenticamente la noia sia quanto di più mentalmente salutare. A impegnarsi per fare qualcosa di cui essere soddisfatti, sono capaci tutti, per essere soddisfatti dal non fare nulla occorre invece avere un serbatoio di soddisfazioni da bruciare, inconsciamente, mentre ci si adagia senza alcun freno sull’apatia, dando a un difetto qualità e utilità di un pregio.