In questa domenica di maggio travestita da novembre rifletto sul dare e sul ricevere. Sulla bellezza e pienezza di un dono con il suo simbolismo e la sua magia. Un dono intriso del pensiero di chi lo ha scelto per poi indirizzarlo alla persona che lo riceverà.
Dare e ricevere, in fondo, sono due attività che facciamo sempre.
Sguardi, sorrisi, gentilezze, doni, cibo, cure. Ci nutriamo di queste due semplici e potenti attività, sin da quando veniamo al mondo.
Sono talmente spontanee – non sempre e non per tutti – che talvolta le sottovalutiamo.
In questi due atti dell’esistenza, generosità e gratitudine si intrecciano tra di loro: chi dona è generoso e chi riceve è grato ( o per lo meno, dovrebbe essere così). Gli occhi di entrambi si incontrano nel momento e nel luogo dello scambio e si dicono tutto, in silenzio, nella magia del dono consegnato e ricevuto.
Dentro e dietro il dare non si celano soltanto cose materiali, ma anche e soprattutto simboliche. Si donano pensieri, spazio e tempo, il saper fare e l’esserci, il pensare all’altro durante l’acquisto, infinite attenzioni e altrettante cure.
Il dare deve portare gioia a chi lo fa e a chi lo riceve; se questo non accade – che si tratti di un tempo condiviso, un dolce, un regalo costoso e concreto e tanto altro – c’è qualcosa in quel legame che non va, che è marcio, ammalato.
Forse è un legame mai nato.
Ricevere con gratitudine, con lo sguardo della meraviglia – a prescindere dal dono – è di fondamentale importanza: tanto quanto l’essere stati pensati.
Quando dare e ricevere, in maniera sincrona, rispettosa e reciproca, sono presenti nelle relazioni umane, ecco che diventano magicamente arricchenti e nutrienti, e scaldano il cuore. Quando una delle due attività è claudicante, c’è sempre qualcosa che zoppica dentro quel contenitore chiamato legame. In questo caso dare e ricevere diventano un non incontro.
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