Ne ho visti tanti. Davvero tanti. Durante questa torrida estate.
Sono avvolti da un’aura di affettività rarefatta: non sono né felici né tristi.
Camminano l’uno accanto all’altro, ma non si sfiorano. Non si tengono per mano. Non si baciano e non si parlano. Non si guardano e non guardano nella stessa direzione.
Guardano altro e altrove.
Non si accarezzano con le parole e nemmeno con le mani.
Sono i coniugi sonnecchianti e sbadiglianti, e sono in crescente aumento.
La folta schiera degli infelicemente coniugati è facilmente riconoscibile: hanno tratti distintivi, forti e chiari. Connotazioni che si ripetono nel tempo e nelle coppie.
Vivono in un torpore lamentoso che li ammanetta all’immobilismo; non decidono e non cambiano, vivono e si lascino vivere seguendo l’onda anomala del quieto vivere.
Sembrano abitare a ridosso di un bivio sentimentale costante, ma rimangono inchiodati in un presente che rassicura e intrappola, che intrappola e rassicura.
Le coppie in crisi hanno del tutto smarrito il loro passato d’amore, i motivi per i quali si erano scelti promettendosi l’eternità e la protezione reciproca.
Ricordano gli amnesici: dei viaggiatori senza bagaglio e senza progetto.
La vita non perdona. Il suo inesorabile trascorrere del tempo cambia tutto e li cambia: li rende disponibili ai compromessi, al ragionamento al posto delle emozioni, alle lusinghe del buon senso e della convenienza; alla scappatella stagionale come se fosse un innocuo giro di giostra al parco giochi della sessualità, pur di non cambiare.
Imparano a dominare gli istinti e le passioni, e smettono di dare l’acqua ai sogni.
Vivono, si fanno vivere e sopravvivono, imparando magistralmente a mentire.
Soprattutto a sé stessi.
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2 Commenti. Nuovo commento
Mi riconosco in todo nella descrizione. Ma non è semplice né facile uscire da certe situazioni, e allora si impara a mentire, come dice lei, per paura di affrontarle. Un modo di sopravvivere, forse non giusto o non corretto, ma ci sono alcuni, come me, che non riescono a trovarne altri. Sono per forza da condannare? Non so, io nella mia confusione credo di no, non siamo tutti uguali, come diceva don Abbondio se uno il coraggio non ce l’ha (in questo caso il coraggio di affrontare una separazione) non se lo può dare.
Buongiorno Giuliano,
grazie per le sue riflessioni. Non si tratta di modo giusto o sbagliato, ma di qualità di vita e di qualità di vita emotiva.
Un affettuoso saluto