Una mia paziente mi ha fatto tornare in mente una canzone che evidentemente avevo rimosso.
Roberto Vecchioni augurava amori sottomessi e sperequati, più esattamente “con la gonna”. Se ne guardava bene dall’amare donne con il cervello o che addirittura avessero avuto accesso a Freud. “Prendila te quella col cervello. Che s’innamori di te quella che fa carriera. Quella col pisello e la bandiera nera. La cantatrice calva. Che non c’è mai la sera”.
Come ogni anno, oggi, venticinque novembre, per la giornata internazionale conto la violenza sulle donne, ma in realtà lo faccio più volte l’anno, mi ritrovo a scrivere qualcosa conto gli abusi, i soprusi, le derive di genere. Qualcosa che scuota le coscienze, che inchiodi all’assurdità di questi accadimenti, che metta in guardia le potenziali vittime.
Madri, mogli e sorelle brutalmente uccise come se non avessero alcun valore e non meritassero un domani. Donne licenziare se in dolce attesa. Altre ancora, sottomesse e maltrattate, ammalate di fame d’amore e di dipendenza affettiva, cadono nella rete del loro stesso bisogno d’amore e di protezione. Donne mutilate nella loro femminilità e indipendenza. Additate come poco di buono se belle o vestite in maniera seduttiva, come sessualmente disponibili se ricoprono un ruolo di potere, e come legittima proprietà se troppo indipendenti. Considerate responsabili di tutte le sciagure sessuali maschili per colpa della loro intraprendenza e audacia; per concludere con un “se la sono cercata” se oggetto di abuso sessuale.
La loro identità, nel tempo e nell’immaginario collettivo, fluttua tra la mantide religiosa e la geisha, la mamma e la escort.
Una giornata come questa non sarebbe mai dovuta esserci, e non ha nemmeno molto senso celebrarla se non educhiamo giornalmente i bambini al rispetto e le bambine a dire no.
A rispettarsi e ascoltarsi. A volersi bene e ad esigere, sempre e per sempre, quello che dovrebbe spettare a tutti, uomini e donne: il rispetto.
Il no emana un fascino indiscusso, odora di identità e di coerenza, di carisma e di giusta distanza dal mondo dell’altro. E spesso salva la vita!
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