Carla, nome di fantasia, è una mia paziente e ha trentasei anni. È bella come il sole, ma non ha la luce dentro. Dentro è piena di buio e di dolore. Mi dice di sentirsi come se stesse appassendo, di giorno in giorno. Mi dice di sentirsi vecchia e brutta e di avere indossato lo sguardo miope e giudicante del fidanzato.
Ha una relazione d’amore con un suo coetaneo, un ingegnere prestigioso di nome Aurelio, nome anch’esso di fantasia. Purtroppo, il suo fidanzato è un uomo avaro e arido sul piano emotivo. Non apre mai né il portafogli né il cuore. Non la guarda, non la vede, la giudica e la maltratta in modi vari e fantasiosi: con il silenzio che ferisce e che punisce, con la sua presenza intermittente, con le sparizioni improvvise e immotivate. Non le regala mai un fiore o un dono, e tantomeno l’amore di cui Carla avrebbe bisogno.
La scorsa settimana, Carla ha fatto il compleanno. Era il giorno della sua seduta con me. Mi ha portato dei dolci, abbiamo fatto colazione insieme e mi ha ringraziato per quello che stiamo faticosamente costruendo: sé stessa.
Questa situazione di frustrazione tra il desiderio di vivere e di amare e la disfunzionalità del suo rapporto di coppia la sta distruggendo.
Quest’uomo, con la sua incuria, continua fortemente a danneggiare il desiderio sessuale di Carla, già anemico di suo.
Carla è stanca di stare male e di sentirsi dire che non vale niente, che è una donna algida e frigida, vuole ricominciare a vivere: con lui o senza di lui. Carla e io stiamo valutando se tentare di iniziare una terapia di coppia o accompagnare questo legame zoppicante alla morte.
A volte un lavoro individuale ripristina l’autostima, lavora sulle cause di tanta sofferenza e sottomissione, e consegna o riconsegna la paziente alla felicità.
Ringrazio Carla per avermi autorizzata a scrivere la sua storia.
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