In una mattina di tempesta magnetica e di carestia di giga, stanca e stufa della Vodafone, mi sono imbattuta in un’acrobazia telefonica.
Decido di chiamare il 190, noncurante delle infinite difficoltà che si sarebbero imbattute tra un’ipotetica voce amica e me.
Dopo aver atteso al cellulare, avere digitato uno, poi due e avere seguito la voce guida, ero speranzosa di poter parlare con un operatore.
Vivo, vero, in carne e ossa, con le mie stesse difficoltà ed emozioni.
Anche rumeno o bulgaro con un italiano stentato, purché umano.
E invece, mi sono ritrovata a chattare con Tobi.
Tobi, non so bene chi sia, è la voce guida della Vodafone. Anzi, non è la voce guida, ma è una voce registrata che pretende di parlare con la mia di voce per poi traferirmi a un sito, assolutamente anonimo, poco chiaro e poco fruibile, che avrebbe dovuto rispondere a tutti i miei quesiti.
Così, sono stata obbligata a scrivere a Tobi, a litigare con Tobi, a chiedere chiarimenti, e infuriarmi pure; sempre con Tobi.
Ho provato una vasta gamma di emozioni a raffica, tutte esclusivamente dentro una chat.
Capisco bene che ormai tutto transita dal web, che gli esseri umani sono diventati quasi del tutto opzionali, ma affidare i propri soldi e le proprie pene da linea compromessa a un gestore che non ha voglia e cura di prendersi cura di te, mi sembra più un insulto che un’opportunità.
Cara Vodafone, ti dico addio, appena posso cerco una voce amica.
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