Quanti di noi, nei momenti più bui, abbiamo scritto una lettera a noi stessi? reale o nella nostra testa?
La magia della parola scritta che tutto ripara e riordina, senza veli e censure, in una lettera. Una lettera che mai verrà recapitata, quindi onesta, veritiera, senza veli o filtri. Chi pratica l’introspezione, per lavoro o perché è stato paziente a sua volta, conosce bene il potere deflagrante delle corrispondenze epistolari, anche e soprattutto quelle mute, indirizzate al destinatario peggiore di tutti: noi stessi.
Chiara Ferragni, durante la prima serata del Festival di Sanremo, ha scritto una lettera a sé stessa, alla Chiara bambina e fragile, alla Chiara in cammino e alle sue paure.
L’ho ribattezzata un selfie retrospettivo e l’ho trovata credibile e utile, e lei bellissima.
Ero abbastanza incredula, perché dopo l’eleganza e i contenuti di Drusilla Foer temevo che avrei trovato banalità dappertutto.
Pensavo che Chiara Ferragni, l’incubo di tutte le mamme di figlie femmine – “tesoro non ti listare troppo! Per favore studia, non tutte le donne diventano la Ferragni!” – non avrebbe retto il trasloco dal web a quell’ansiogeno palcoscenico tinto di blu, calamita di critiche e invidie malcelate.
E invece mi sono ricreduta!
In fondo quella lettera alla sé stessa di ieri, di oggi e di domani, e a tutte le donne, invita all’accettazione e al perdono di sé stessi e delle proprie fragilità. Una lettera è pur sempre una dichiarazione d’amore e d’ascolto: una pratica da non trascurare.
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