Suona il telefono. Si illumina, lampeggia. Trema, fa tremare. Disturba, distoglie la nostra attenzione da quello che stiamo facendo o pensando o tentando di fare e di pensare. Ci regala il dono (o danno) dell’ubiquità: siamo qua e altrove, contemporaneamente.
Emette suoni che ricordano le campanelle: un suono diverso in funzione della notifica che riportano. Tra lui e noi c’è un dialogo muto. A un determinato suono segue una email, a un altro la notifica di un social, a un altro ancora la suoneria del partner o del figlio. Siamo già pronti prima di aprire il cellulare. In cronica allerta.
La “campanella”, talvolta, poi, corrisponde alla “scappatella”, e il rinforzo è più che positivo.
La sequenza è sempre la stessa, da lunedì a lunedì: suono (o campanella), notifica, bisogno di controllare il contenuto della notifica – parlano di me? a me? devo rispondere? rimando? è lui, lei? l’altro? il commercialista? mio figlio? la scuola? -, segue l’attivazione cognitiva ed emotiva, un marcato accumulo di stress, e si ricomincia.
La scappatella, nella vita e nella vita del cellulare, ha varie forme e sapori. C’è quella di amorosi sensi e quella lavorativa.
Anche l’erotizzazione dell’attività lavorativa è, in fondo, una scappatella. Il tranfert erotico, tipico dei legami erotizzati, è quel forte sentimento che si respira in terapia.
È dato dalla ripetizione nevrotica dei processi di investimento e di fissazione, per ricalcare le orme di Edipo.
Un altro amore impossibile, che però non delude, non tradisce e non ferisce, è quello con il lavoro.
Quindi, la campanella che anticipa una email lavorativa corrisponde a una scappatella. In piena regola.
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