Consegnati all’isolamento forzato, ripassiamo con la fantasia e il ricordo i baci dati e quelli ricevuti. Quelli desiderati e quelli negati. Quelli di riparazione e quelli di desiderio. E quelli non ancora dati.
Per apprezzare veramente qualcosa, a quanto pare, bisogna perderla e poi riacquistarla.
Tutto quello che ci viene regalato dalla vita viene dato per scontato e, nel tempo, smarrisce di fascinazione e di interesse. L’amore, i baci, finanche gli abbracci. Quei luoghi dove abitare e rintanarsi quando se ne ha voglia o necessità.
Il coronavirus, in maniera altamente democratica, ci ha portato via tutto; li ha temporaneamente derubricati dal nostro quotidiano.
Ha messo al rogo abbracci e baci, pelle e sensi, ma non il desiderio di provarli ancora, e per di più con una buona dose di astinenza sensoriale.
Sentire la mancanza dei baci e della pelle, delle emozioni e delle paure, struggersi per la loro assenza, ricordare l’odore e il sapore dell’Altro. Centellinare ogni istante, essere affamati e mai sazi. Bramosi e meno ansiosi, forse un po’ più appiccicosi.
L’astinenza di tutto ci porta a pensare a quanto eravamo felici e quanto stavamo bene quando pensavamo di stare peggio. La mancanza ci inchioda al desiderio, il desiderio alla valorizzazione di quello che avevano e che abbiamo temporaneamente smarrito, o messo in pausa.
Quelle labbra avide e desiderose di incontrarsi, il calore prolungato di un bacio, il cui ricordo sopravvive al tempo e allo spazio, e si candida al per sempre.
Il bacio che incarna l’infinito nel finito, l’eternità nell’attimo, l’amore nell’apparenza, oggi, ricorda più il disagio che il miraggio.
In questo momento della nostra vita, a quanto pare, non ci resta che accarezzare un ricordo
in attesa che la passione torni a poter essere condivisa.
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