Zanzibar 2015
Quando sette anni fa, la mia famiglia e io andammo in vacanza a Zanzibar, in Tanzania, mia figlia Lucrezia aveva 14 anni. Siamo rimasti letteralmente rapiti della bellezza di questa terra, dall’ospitalità dei suoi abitanti e dagli occhi dei bambini.
I bambini che abitano quaggiù, in questa parte del mondo, hanno qualcosa di magnetico, di magico.
Hanno la storia dell’Africa negli occhi. Hanno le maninine panciute e bicolore che tendono verso di te anche senza conoscerti. Qui i bambini si fidano.
Ti guardano in fondo al cuore e se hanno anche due fagioli o un solo mais te lo donano o lo dividono con te. Senza pensarci.
Amano le attenzioni, le cure, gli abbracci e le caramelle, che accettano anche dagli sconosciuti.
Durante una gita, nel tentativo di inseguire un tramonto, ci siamo recati a nord dell’isola, a Kendua, un posto a dir poco meraviglioso.
Sulla spiaggia c’erano tante donne che vendevano le loro merci: chi l’artigianato in legno intarsiato con cura, chi i braccialetti con le perline, chi le spezie e i parei. Tra queste donne ce n’era una, particolarmente affaticata, di nome Teresa, che ha subito chiesto a mia figlia di aiutarla a tenere suo figlio Nelson mentre lei continuava a lavorare.
Noi italiani non siamo abituati a questi stati di immediata empatia e profonda fiducia – chi di noi consegnerebbe il profilo figlio a una sconosciuta? seppur ragazzina, con due genitori a seguito, mia figlia era una chiara sconosciuta! -, ma mamma Teresa l’ha fatto.
Quel pomeriggio ha segnato in maniera indelebile la nostra vacanza e il tempo del dopo. Non lo abbiamo mai più dimenticato.
Abbiamo accudito Nelson, abbiamo giocato con questo bambino meraviglioso e panciuto che sembrava un Cicciobello nero, gli abbiamo fatto fare merenda e a fine giornata, a malincuore con un nodo alla gola, lo abbiamo restituito a mamma Teresa. Quando siamo rientrati in Italia, Nelson è rimasto nei nostri cuori e nei nostri pensieri. Le sue foto con mia figlia sono diventate delle gigantografie e dei quadri che hanno fatto da capezzale al suo letto e che io ho spolverato negli anni per rievocare il ricordo.
Ogni giorno ci chiedevamo cosa stesse facendo Nelson, se stesse crescendo bene o studiando.
Mia figlia scrisse la sua prima email in inglese al resort che ci aveva ospitato raccontando la storia, descrivendo il villaggio di mamma Tersa a nord, nel tentativo di avere un indirizzo per fare recapitare a quel bambino che ci aveva rapito il cuore dei doni, ma l’albergo non rispose mai (probabilmente reputandoci silenziosamente dei matti).
Zanzibar 2022
Questo Natale, la mia famiglia e io non avevamo in progetto di partire, avevamo scelto di trascorrere solo qualche giorno nei paraggi di casa e di riposarci in casa con gli affetti più cari e i nostri animali.
Un bel giorno, a ridosso delle vacanze natalizie, una mia amica, Alessandra, proprietaria di un’agenzia di viaggi di Catania, conoscendo più che bene il mio cuore – sa che in Africa batte di più – mi chiama dicendomi che c’erano tre posti per Zanzibar e che la partenza sarebbe stata dopo due giorni. Non ho esitato nemmeno per un istante e con un piccolo trolley e il cuore spalancato ho portato nuovamente mia figlia, adesso ventunenne, a Zanzibar.
Il primo pensiero è andato a Nelson – “mamma, chissà se lo incontriamo nuovamente?”, mi dice subito Lucrezia -, ma era ovvio che sarebbe stato letteralmente impossibile ritrovare quel bambino dopo ben sette anni, in Africa, a nord, in un villaggio sconosciuto, figlio di mamma Teresa senza cognome.
Mia figlia, meravigliosamente testarda e magicamente visionaria, a ogni persona che incontrava in spiaggia, da un Masai a un venditore ambulante, chiedeva notizie di Nelson, il bambino figlio di Mamma Teresa che abitava a nord e di cui non sapeva niente altro.
Quando un bel pomeriggio, il venticinque dicembre, un signore italiano che aveva scelto Zanzibar come seconda patria, dice a mia figlia che Nelson, il bambino figlio di mamma Teresa, abita sempre a nord e le fornisce indicazioni precise per andarlo a trovare.
Cerco di dissuadere mia figlia perché mi sembrava una chiara follia, ma lei volitiva e perseverativa non accetta nessuna scusa o spiegazione razionale e mi convince di portarla a nord dell’isola.
L’incontro
Arriviamo su una spiaggia piena zeppa di locali, bar, musica assordante, negozi e ambulanti. Era chiaro che in quel caos non avremmo incontrato Nelson, ma mia figlia non si rassegna e inizia a chiedere a tutti i passanti finché un ragazzino le indica la stradina e il negozio dove trovare Nelson.
Un po’ timorosa la seguo con passo veloce perché lei non accenna a rallentare ed ecco che in quella stradina, in quel negozio, c’era Nelson.
Lucrezia gli parla in inglese, con Google traduttore finanche in swahili per non spaventarlo, e gli mostra la sua foto di quando era bambino. Nelson con la stessa fiducia di sette anni addietro le prende la mano, le sorride e la porta da mamma Teresa.
Spieghiamo tutto alla signora che non crede ai suoi occhi. Suo figlio non era stato per noi un bambino come tanti, di quelli incontrati in spiaggia, fotografato per i vari post di Instagram acchiappa like, ma da perfetti visionari e forse un po’ folli, avevano continuato a pensare a lui e a volergli bene a distanza, in silenzio, negli anni, spolverando le sue foto.
Nelson
Nelson ha sette anni è bello come il sole dell’Africa, va a scuola in Tanzania. Mamma Teresa da ambulante adesso ha un piccolo negozio sulla spiaggia che le consente di pagare la scuola di suo figlio e ha anche una meravigliosa nipotina.
Adesso abbiamo il numero di telefono di mamma Teresa, così quei doni che non abbiamo mai potuto fare recapitare potranno arrivare a destinazione insieme al nostro affetto visionario per lui.
Mia figlia mi ha insegnato che bisogna sempre credere – e anche perseguire – i proprio sogni, anche quando sono visionari e un po’ folli.
Grazie amore mio.
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2 Commenti. Nuovo commento
….bella storia ma soprattutto bellissimo epilogo!
Brava Lucrezia, ma bravi i genitori che le hanno insegnato valori importanti!!!
Auguroni Valeria, buona fine e Buon 2023
Un caro augurio anche a Lei.