Ci sono amori che sono difficili, altri (pochi) ricordano dei cammini pianeggianti, altri ancora appartengono alla categoria degli amori impossibili.
Ci sono amori che sono eccessivi. Troppo grandi per essere contenuti in una sola vita. Straripanti. Sconfinati e dolorosi, per diventare poi doloranti. Troppo complicati, dalla difficile lettura ma al tempo stesso calamitanti. Troppo confusi e confondenti.
Questi amori, prima o poi, si frantumano e frantumano. Proprio perché difficili. Sono amori che si nutrono di mancanze, di fragilità e di buchi del cuore. Che si insinuano in crepe mai cicatrizzate, che scorticano il cuore e lo riempiono di tutto e di niente. Che illudono e disilludono. Sono amori che quando vanno via, perché vanno via, abradono lembi di pelle, scorticano. Talvolta per sempre.
In questi casi così tormentati rinunciare e fare un passo indietro prima per non precipitare dopo, rappresenta un atto d’amore e di rispetto verso sé stessi.
Gli amori difficili, impossibili o sbagliati non vanno rimpianti e nemmeno dimenticati.
Non vanno rimpianti i baci, le carezze, le lacrime e gli amplessi. Vanno, però, ben custoditi i ricordi nello scrigno indelebile della memoria del cuore, per evitare di dimenticare e di farsi irretire ancora una volta.
Perché per dimenticare bisogna ricordare. Sempre e bene, senza rammarico o sensi di colpa soprattutto verso le proprie fragilità e voragini d’infanzia. Quegli squarci che si fanno sottopassaggi segreti verso la parte più vera e fragile del cuore sono la vera convalescenza interiore. Rappresentano la cura, il cambiamento, la metamorfosi del cuore. Del resto quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla.
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