Anche se fanno rima, c’è una profonda differenza tra empatia e omeopatia.
Il tempo, solitamente, consegna l’amore alla letargia del sentire e del vivere. Succede agli amori longevi e a quelli distratti. Pian piano, non si sa poi il perché, l’inedia, l’incuria e le dosi omeopatiche di attenzioni e cure prendono il posto dell’intensità, della passione e delle dimostrazioni tangibili d’amore. Praticamente di tutto.
Far sopravvivere l’amore all’usura del tempo non è facile ma è assolutamente indispensabile per la salute e longevità dell’amore stesso. Trasformare un amore omeopatico in un amore empatico è l’unico modo per tenere a bada la tentazione da intensità degli amori impossibili e tossici, quelli che nuocciono gravemente alla salute.
Ferzan Örpetek sosteneva che gli amori impossibili non finiscono mai e corrono il rischio di durare per sempre, proprio perché impossibili. Sono amori che sarebbero voluti essere e non sono stati. Amori che non sono stati consegnati alla normalità, al quotidiano, alla stabilità emotiva, alla noia, alle dosi omeopatiche di attenzioni e cure, e che si sono nutriti del loro congenito disequilibrio.
Amori in bilico tra fame e amore, tra baratro e passione, tra appartenenza e abbandono. Restare e concimare significa amare. Curare significa amare. Essere presenti e intensi significa amare.
Perché non c’è mai stata tanta intensità come nella quotidianità.
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