Alzheimer, la malattia del vuoto

Ciao, io sono la cosa più cara che hai. La più preziosa, unica, irripetibile. Non acquistabile. Talvolta, non conservabile.
Colui che ti rende quello che sei. Che ti restituisce ciò che hai fatto nella vita. Che talvolta non ti dà tregua. Che sedimentata dentro di te i tuoi affetti, che abbraccia le persone più care facendole rimanere care.
Quando finisce un amore, incarno la fonte inesauribile del tuo malessere; divento una scoppiettante fonte di energia quando prepari il cuore per un incontro amoroso.
Senza di me sarai orfano di passato e di futuro.
Io sono tutto per te. Sono te.
Sono indispensabile per le tue attività quotidiane: se vuoi telefonare ai tuoi cari o in ufficio, se vuoi lavorare o studiare, se ami fare sport, se vuoi riprendere l’auto dopo averla parcheggiata, se vuoi fare la spesa o preparare una pietanza che profuma di casa.
Se ami truccarti prima di un impegno.
Appartengo a tutti i tuoi rituali, senza di me non potresti averne nemmeno uno, tantomeno mantenerlo in vita nel tempo.
Mi insinuo ovunque: nelle tue narici, nelle tue orecchie, nel tuo cuore.
Sono il brivido che scorre sulla tua schiena quando la persona amata ti accarezza.
Senza di me l’uomo che ami diventa un perfetto sconosciuto, e il brivido precipita nel vuoto inghiottito in uno sconfinato buco nero.
Senza di me, pian piano, ti spegnerai e nulla avrà sapore e odore.
Senza di me, le persone a te care diventeranno estranee. Le stesse che hai amato, per le quali hai lottato, con le quali ti sei emozionato, arrabbiato, hai acceso un mutuo per un tempo infinito, o hai dato alla luce i tuoi figli. La parte più preziosa di te.
Io sono il ricordo.
Quando mi ammalo, penserai che sarò andato via per sempre e ti sentirai smarrito, così crederai che di te non è rimasto più nulla.
Io, invece, avrò traslocato.
Abiterò nelle persone che hai amato, che hai cresciuto, che hai accudito.
Nelle loro abitudini, nella loro personalità, nei loro ricordi.
Perché la vita di chi sta male o di chi non c’è più dimora nella memoria di chi ha avuto il privilegio di occuparsi di te.

L’Alzheimer è la malattia del vuoto che attacca e corrode ogni ricordo; bello e brutto, utile e superfluo.
Azzera gli studi fatti con tanta fatica, l’identità delle persone care, i figli così tanto protetti e amati. Li consegna all’angoscia e al bisogno.
Attacca e corrode tutto e per sempre.
Alla mancanza dei ricordi si associa un’altra brutta bestia: l’aggressività nei confronti di chi vuole occuparsi del malato.
Il familiare, l’infermiere o chiunque voglia prendersi cura di lui verrà attaccato come se fosse un corpo estraneo.

Settembre è il mese mondiale dell’Alzhaimer, e il 21 settembre sarà la giornata istituita dall’organizzazione mondiale della sanità per non dimenticare chi dimentica, unitamente ai loro cari.
Avevo pensato di scrivere un ennesimo articolo scientifico – di cui è pieno il web – di dare voce al care giver, colui che si occupa del malato, o di far parlare qualche mia paziente.
Ho preferito far parlare il ricordo.

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