Non conosco il figlio di Beppe Grillo e me ne guardo bene dall’esprimere giudizi morali o clinici scorporati dal paziente, ma in questi giorni ho letto articoli e commenti perfettamente inutili e vuoti, che invece di spiegare l’aberrante fenomeno lo commentano e basta.
Vorrei spostare l’attenzione, per un attimo, dall’inquietante video di Beppe Grillo che mima i quattro ragazzi con i loro genitali in mano sbandierati al vento, al comportamento del ragazzo. Prendere una ragazza per i capelli insieme ad altri ragazzi, e in maniera goliardica, obbligarla a bere della vodka per poi fare sesso di gruppo è violenza.
È un’imitazione del tanto abusato porno (che tanto mostra ma che così tanto poco spiega).
Dire che non è riuscita a denunciare e insinuare che lo abbia fatto dopo otto giorni perché ha intravisto la possibilità di speculare è violenza.
Dire che se l’è cercata e violenza. Dire che era consenziente è violenza.
Il video disperato e disperante, e provocatorio di Beppe grillo è violenza.
Quando si subisce un abuso, che si tratti di un uomo, di una donna o di un bambino, la psiche protegge dal danno subito. I meccanismi di difesa che più frequentemente entrano in azione si chiamano negazione e rimozione.
La negazione nasconde dietro il sipario del “non è accaduto a me“ i fatti, per proteggere dal rischio di disgregazione psichica e di crisi psicotica. La rimozione, cugina di primo grado della negazione, fa sì che la vittima prenda le distanze dall’accaduto. Lo scopo di entrambi i meccanismi di difesa non sono la speculazione economica perché la vittima si chiama Grillo, ma agiscono per difendere la psiche di chi ha subito un abuso. Proteggono dalla vergogna, dal disagio, da quelle sensazioni della carne che strappano il cuore e le viscere.
L’abuso agisce nel profondo e cammina sotto pelle, e li rimane a lungo.
Quando una mano – o più d’una e non solo quelle – non autorizzata e non gradita si attarda in una carezza e poi prosegue, stringe, avvinghia, profana, rimane addosso e dentro per un tempo infinito.
La vittima si sente sporca, per poi sentirsi a posteriori sporcata ancora e ancora da video come quello di ieri di Beppe Grillo, e si sente colpevole. Scatta il tarlo della colpa, della leggerezza: il dubbio della consensualità.
L’abuso sessuale agisce in quel teatro tanto privato quanto fragile che si chiama psiche e corpo, scompagina tutte le certezze e genera una profonda confusione e un profondo senso di smarrimento.
Tra essere dei “coglioni”, come dice Beppe Grillo, ed essere in preda agli impulsi e istinti c’è una grande differenza. I due termini possono anche coesistere e descrivere la stessa persona, ma questo è un altro discorso.
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1 Commento. Nuovo commento
Buonasera Dottoressa, forse perché, in preda ad alcolici o a droghe, spesso si prende consapevolezza dell’abuso e delle manipolazioni solo dopo giorni. Si è come intrappolati in uno stato di dormiveglia, incastrati.
Grillo ha nettamente sbagliato, se avesse schiaffeggiato il figlio avrebbe preso più punteggio, sia con noi che col figlio stesso. Adesso ha perso tutto, pure il figlio, che paradossalmente, ha vissuto la sconfitta virile ed emotiva del padre.