Buonasera,
ho vissuto quasi 15 anni con quella che fino alla separazione dell’estate scorsa è stata mia moglie. Sono letteralmente scappato una mattina d’estate dopo che già un paio di volte avevo provato a spiegarle che non stavo bene con lei. Per un paio di mesi l’ho bloccata dappertutto, tranne che sulle e-mail, in due mesi me ne ha inviate circa 750 molte delle quali con allegati file audio di diversi minuti, alla fine ho riallacciato una comunicazione telefonica per cercare una separazione consensuale che, incidendo disastrosamente sulle mie finanze, abbiamo raggiunto a novembre. Non abbiamo figli ma lei dal 2013 non lavora.
A dicembre torno nella città in cui vive, ormai io abito a 1600 km di distanza, e abbiamo riallacciato rapporti che per me vorrebbero essere civili ma per lei significano di più. Lei ha sempre costruito il nostro rapporto sul mio senso di colpa, lei è fragile e io non riesco a tagliarla fuori dalla mia vita anche se mi fa stare solo male. Che fare?
Gianni
Buongiorno sig. Gianni,
inizierei rispondendole dalla fine.
“Lei è fragile e io non riesco a tagliarla fuori dalla mia vita anche se mi fa stare male”.
Nel rapporto vittima-carnefice, molto spesso è complicato stabilire chi è la vittima e chi è il carnefice, chi è l’orco e chi è il detenuto: ruoli che si fondono e confondono, e soprattutto si alternano.
Lei parla chiaramente della fragilità di sua moglie, o sua ex moglie, ignorando e sottostimando totalmente la sua.
Settecentocinquanta e-mail, audio, file, comunicazione continua e ininterrotta, mi chiedo e le chiedo, quale vuoto riempiono dentro di lei?
A me sembrate una coppia collusiva: nella relazione e nella separazione, ma lo prenda con le pinze, non vi conosco e non siete dei mie pazienti.
Se desidera realmente che cambi qualcosa, cambi lei. È l’unica soluzione per recuperare in qualità di vita. Se non riesce da solo si faccia aiutare da un professionista.
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