Cara dottoressa,
le scrivo per raccontarle la mia storia e non so se merito un consiglio o una pacca sulla spalla o altro. Sono stata la compagna, ma forse a posteriori potrei dire l’amante, di un uomo maltrattante, giudicante e anche sposato.
E cosa ben più grave: ho accettato in silenzio. Adesso che l’ho scoperto e messo alle strette, mi ha lasciata!
E io invece di sentirmi libera mi sento morire.
Sono una perfetta idiota.
S.
Cara S,
parto dalla fine e dall’inizio della sua e-mail. Nessuno è un perfetto idiota, e tutti meritano un chiarimento e molto di più di una pacca sulla spalla.
Direi un risarcimento. Immagino che lei non si sia accorta di essere stata l’altra e di essere stata manipolata, perché perdutamente innamorata o affamata (fanno rima ma sono due verbi molto diversi tra di loro, che conducono soprattutto in due luoghi decisamente diversi: la crescita e lo scambio, il vuoto e l’abisso). Partirei da questa voragine che le fa credere di morire per suggerirle di iniziare ad abitare il suo vuoto, concimarlo, e tentare di capire da dove ha avuto inizio, per poi perdonarlo e anche ringraziarlo.
Fatto tutto ciò, senza fretta e con un aiuto mirato, vedrà che la voglia di morire si trasformerà in voglia di vivere, di respirare a pieni polmoni e di vivere finalmente alla luce del sole.
L’abbraccio.
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