Il trapianto del pene. Lui tra noi

Il trapianto del pene

Moravia, irriverente e anti conformista, nel suo scritto “Io e Lui”, ci racconta di quell’atavico ed inscindibile legame d’amore e odio tra un uomo e il suo pene.
Lo dipinge come se fosse vivo, quasi autonomo, pensante e decisionista.
Di buono e di cattivo umore, in grado di cambiare il corso delle scelte di vita del legittimo proprietario.
Quando scrive di lui, lo dipinge come se fosse in perenne conflitto con la parte razionale, ponderata e pudica di se stesso.
Questo libro può essere visto come un precursore di quello che ai giorni nostri diventerà, coniugato al femminile, “I monologhi della vagina”.
Insomma, che trattasi di un pene esterno al corpo o di una vagina, interna e complicata, gli organi sessuali hanno un ruolo centrale nella crescita psichica di ogni essere umano.

L’uomo e il suo pene

Essere maschi, da che mondo è mondo, significa avere un pene in mezzo alle gambe.
Organo simbolo di virilità e sigillo della dimensione fallica dell’esistenza che associa la mascolinità con la potenza erettiva.
L’uomo traballa psichicamente se, per un motivo o per un altro, vengono meno le sue erezioni.
Inizia così un monitoraggio ossessivo su quello che dovrebbe invece essere una funzione spontanea.
“Avrò l’erezione o meno?”
“Riuscirò a portare a termine un rapporto?”
“Quando durerà?”
E così via.
Tutta una serie di produzioni ideiche disfunzionali ed ansiogene che, ovviamente, fanno diventare il coito un compito in classe.

Quando un uomo sperimenta sulla sua pelle un episodio di deficit erettivo, da lì a breve, tenderà a controllare le sue erezioni spontanee, notturne, mattutine, ed inizierà a praticare l’autoerotismo come verifica della sua salute sessuale, esattamente come se fosse come un test.
Intrappolandosi nel girone dei dannati.
L’uomo ha nel suo pene un “alter ego”, un amico o un nemico, un prolungamento di sé con il quale sedurre, confrontasi, guardati allo specchio, compiacersi o denigrarsi.
Le dimensioni, per esempio, sono un altro tema cruciale della sessualità maschile.
La mascolinità non correla di certo con un pene grande o meno grande, con orgasmi multipli della donna o con rappresentazioni da filmografia – porno – eppure, qualche centimetro in più o in meno, sappiamo bene essere di cruciale importanza per la qualità di vita di moltissimi uomini, condizionando amori, flirt, nuotate in piscina e docce condivise o solitarie.
L’uomo parla con il suo pene, si racconta o si fa raccontare, e ancora, entra in conflitto con lui, regalandogli poteri magici che, talvolta, fanno a pugni con la ragione.
Insomma, il pene per l’uomo, sembra avere una vita a se stante.

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Quando il pene non c’è più

Carcinoma, guerre, una bomba all’improvviso, un rituale tribale mal riuscito, ed anche una donna tradita.
Ma questo avviene di rado, per fortuna.
Queste ed altre ancora, sono le cause dell’amputazione di un organo così importante, così simbolico, che è il pene.
Non parliamo di peni piccoli o grandi, di peni brutti o belli – nel caso in cui ci fossero davvero dei canoni estetici a cui omologarsi -, ma stiamo parlando di “pene si e di pene no”.
Un uomo amputato nella sua dimensione più profonda dell’esistenza, è un uomo che sarà candidato ad una mutilazione psichica e relazionale.

Un dono atipico. Cosa prova un uomo che riceve in dono un pene

La preparazione psicologica del paziente e della coppia. Prima, durante e dopo

La donazione del pene proviene da un cadavere, così il trapianto, oltre che essere connotato da un forte simbolismo, correla anche con un vissuto nefasto ed obbliga ad occuparci di questioni biologiche, morali e religiose, psicologiche e sociali.

Chi riceve il dono, manifesta sentimenti ambivalenti da dover analizzare adeguatamente, come speranza, gratitudine, desiderio di rinascita e gioia.
Ma non può essere ignorata la provenienza dell’organo, ed è possibile che si instauri una sorta di competizione inconscia con lo storico sessuale e riproduttivo del pene ricevuto in dono.
I livelli di intervento dovranno essere stabiliti di volta in volta, da paziente a paziente, da coppia a coppia, da psiche a psiche.
Si potrà intervenire, a seconda dei gradi di gravità, con un counseling psico-sessuologico, fino ad arrivare a una psicoterapia, o terapia sessuologica di coppia.
Luoghi simbolici di accoglienza del paziente con il suo carico di sofferenza, ambivalenza e speranza, per aiutarlo ad analizzare i fatti, rileggendo il trapianto con uno sguardo aderente alla realtà, ma sempre rispettoso delle sue dinamiche inconsce e relazionali.
I pazienti trapiantati possono sviluppare stress emotivo, disturbi affettivi e disturbi relativi alla qualità della della loro vita di coppia, ed inoltre ansia e depressione associati ad una compromessa qualità di vita.

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L’esperienza intensa del trapianto, ancor di più del trapianto del pene, può anche sfociare in una crisi psicosomatica, con tutta una serie di somatizzazioni d’ansia che richiedono un ascolto competente di tipo psico-sessuologico.
La riabilitazione post trapianto, obbliga a un lavoro in team di specialisti, senza mai spostare lo sguardo dall’obiettivo: il recupero della qualità di vita, emozionale, relazionale e sessuale del paziente trapiantato.

L’immagine corporea nel trapiantato di pene

Ogni essere umano, sin dalla nascita, costruisce nel tempo, una rappresentazione psichica del proprio corpo.
Rappresentazione che cambia in funzione della crescita psicologica, fisica, delle esperienze relazionali e dei traumi subiti, della condizione di salute e di malattia.
Nel caso della sessualità, dobbiamo tenere presente lo storico sessuale del paziente, fatto di successi, eventuali insuccessi, ansie e possibili, pregresse disfunzioni sessuali.
Il rapporto con il corpo, quindi, è una costruzione mentale graduale e complessa, che si attuerà nel corso degli anni.
Nel caso del trapianto del pene, dobbiamo tenere in considerazione il rapporto che questo paziente aveva con la propria sessualità.
Gli viene estirpata qualcosa che funzionava bene, che non ha mai funzionato, che gli ha regalato successi, insuccessi o frustrazione, che lo ha reso padre o che lo ha reso infertile, e così via, ma che comunque era qualcosa di proprio, e adesso gli viene sostituito con qualcosa che funziona meglio, ma è di qualcun altro.
Il processo di ricostruzione sarà lungo, faticoso e difficoltoso, e necessita di un lavoro di integrazione psichica, o meglio di “integrazione” dell’organo trapiantato.

Rischi e fantasmi del trapianto del pene

Il percorso non è immune da ostacoli, infatti nel processo di integrazione dell’organo trapiantato possiamo articolare tre fasi complesse:

  1. La prima fase è la fase del corpo estraneo nella quale l’organo trapiantato, in questo caso il pene, viene considerato estraneo, e può causare angosce persecutorie, oppure può anche creare una sorta di delirio di idealizzazione.
  2. La seconda fase è quella dell’incorporazione parziale nella quale il paziente trapiantato inizia ad interagire con l’organo ricevuto in dono ed inizia ad integrare l’organo con la sua immagine corporea.
  3. La terza fase è quella dell’incorporazione totale nella quale il pene viene acquisito automaticamente come se fosse frutto di un evento naturale, senza avere più coscienza di quello che è accaduto. Solitamente questa fase viene caratterizzata da potenti meccanismi di difesa della psiche, detti meccanismi di negazione.
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Il paziente oscilla tra un delirio euforizzante e angosce di estraneità

Cosa fare e cosa analizzare prima del trapianto del pene

Il trapianto ci obbliga ad occuparci del problema dell’integrazione fisica e psichica di un corpo estraneo, qualunque esso sia.
Il pene, in questo caso, viene acquisito simbolicamente nella sua interezza, con il suo “storico sessuale e relazionale”, con il suo carico immaginifico, correlato soprattutto a chi lo ha avuto con sé in passato.

L’esperienza del trapianto suscita numerose fantasie, anzi direi fantasmi, che devono obbligatoriamente essere ascoltati, riconosciuti ed elaborati adeguatamente, altrimenti possono creare una notevole interferenza con il successo terapeutico del trapianto.
Diventa indispensabile analizzare la struttura di personalità del ricevente, la reazione affettiva in cui abita, se ha sofferto, o soffre, di disturbi dell’umore o depressivi, di stati d’ansia e di dismorfofobia.

Un paziente con struttura di personalità narcisistica reagirà con modalità differenti rispetto ad un paziente nevrotico, o psicotico.
Alcune reazioni del paziente al trapianto si possono tradurre in disturbi psichici, come deflessione del tono dell’umore o marcata ansia, oppure in disturbo post traumatico da stress, caratterizzato da un disturbo dell’adattamento alla nuova condizione, corredato da tutta una serie di malattie psicosomatiche postume.

Può manifestarsi inoltre, una condizione di repulsione verso il pene ricevuto in dono, con una scarsa aderenza alla terapia, ed un rigetto psicologico per l’aspetto simbolico dell’organo ricevuto.
Alla luce di questo, diventa di fondamentale importanza effettuare una scrupolosa anamnesi psico-sessuologica del paziente – e ove possibile della coppia – per comprendere al meglio il rapporto che ha con la sua sessualità.

La chirurgia plastica e ricostruttiva è, senza dubbio, un cerotto per l’anima, ma non può mai diventare un balsamo per la psiche nei casi in cui il paziente convive con altre problematiche pregresse che sono ben altro dall’organo in sé.

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